Trasporti e frode al fisco | La finanza sequestra beni per 62 milioni - Live Sicilia

Trasporti e frode al fisco | La finanza sequestra beni per 62 milioni

Ufficialmente è un consulente del lavoro che ha uno studio in via Empedocle Restivo, a Palermo. In realtà, Giuseppe Damiata, 57 anni, sarebbe l'artefice di un sistema che ha permesso una maxi evasione fiscale da 62 milioni di euro scoperta dalla guardia di finanza.

Ufficialmente è un consulente del lavoro che ha uno studio in via Empedocle Restivo, a Palermo. In realtà, Giuseppe Damiata, 57 anni, sarebbe l’artefice di un sistema che ha permesso una maxi evasione fiscale da 62 milioni di euro.

Un piano che si basava sull’esistenza di cinque cooperative considerate dalla guardia di finanza delle vere e proprie “imprese criminali”: si occupavano di trasporto merci a puro scopo di formalizzare la posizione dei dipendenti che, individualmente, non avrebbero invece posseduto i requisiti per portare avanti la propria attività. Il sequestro da parte del nucleo di polizia Tributaria della guardia di finanza è così scattato per sette ditte in cui lavorava anche chi aveva precedenti per mafia.

Si tratta de “Il Biscione trasporti”; la “Emmedi Logistic”; la “Gi.Da Group” (tutt’e tre con sede in via Pietro Scaglione); la “T&F” di via Lulli, la “Ma.Da Group”, la “Millenium trasporti” e la “Trasporti e Spedizioni” di via Jacopo Tintoretto. Ma non finisce qui, perché nel corso delle indagini sono venute a galla irregolarità di ogni tipo: “Si trattava di un sistema di cooperative letteralmente finte – ha spiegato il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo – creato ad hoc per coprire gli illeciti. Le ditte concentravano su se stesse tutti i debiti tributari – ha sottolineato – ma in realtà, non veniva versato un centesimo. Un volume economico, quello dei contributi che le cooperative avrebbero dovuto sostenere, talmente ampio che si avvicinava a quello di un’azienda del calibro della Fiat”.

In tutto, i finanzieri, nel corso dell’operazione “Dark Truck”, hanno scoperto fatture per operazioni mai esistite che ammontano a120 milioni di euro. In più, sono emerse compensazioni di debiti erariali non dovuti per oltre sedici milioni. Insomma, non solo le cooperative si caricavano di un sistema tributario che non avrebbero mai potuto reggere, ma la frode si muoveva su un fronte ulteriore, quello dell’emissione di fatture false. Tra queste anche alcune registrate tra i costi d’esercizio, come quelle emesse da distributori di carburante compiacenti – nei pressi della rotonda che da via Oreto porta in viale Regione Siciliana – poi sequestrati perché legati ai boss Graviano. Ma l’ombra della mafia non appare soltanto in questa fase delle indagini, perché è stato accertato che tra i maggiori clienti delle cooperative ci sono numerose aziende che appartengono a Cosa nostra o comunque collegate ad indagati per reati mafiosi: da alcuni centri distributivi di carini fino ad imprese palermitane di autotrasporto o di vendita alimentari.

Un progetto studiato fin nel dettaglio, “conveniente” per tutti i soggetti coinvolti, dai clienti ai trasportatori. I primi, infatti, costituiti dalle imprese che si affidavano alle cooperative, pagavano i servizi ad un prezzo concorrenziale e avevano allo stesso tempo la manodopera specializzata e di loro fiducia, senza assumere direttamente alcun obbligo contributivo. A giovarne erano ovviamente anche gli autotrasportatore, 180 quelli individuati ed evasori totali, che venivano regolarmente retribuiti e risultavano anche formalmente in regola con il Fisco e con gli organi previdenziali. Ma a godere al massimo del business in odor di mafia erano i responsabili delle cooperative, che ottenevano ingenti profitti e trattenevano l’Iva che comunque dopo non versavano.

Tra i beni sequestrati alle cooperative ci sono novantanove automezzi (motrici, autocarri e furgoni), dieci veicoli, sei motocicli, cinque terreni agricoli, diciassette immobili oltre sessanta rapporti bancari. Il valore complessivo è di oltre 62 milioni di euro, pari alle imposte evase. Oltre a Damiata, gli indagati sono altri cinque: Anna Mangano, Antonio Costanza, Salvatore Oneto, Francesco Faija e Giosuè Rizzuto.


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