Mezzogiorno in profondo rosso | In 5 anni persi 335mila occupati - Live Sicilia

Mezzogiorno in profondo rosso | In 5 anni persi 335mila occupati

Pietro Busetta

Per i giovani meridionali la recessione si è tradotta in una vera e propria emergenza sociale. La distruzione di posti di lavoro ha riguardato prevalentemente le componenti giovanili, che peraltro hanno subito una forte precarizzazione del rapporto di lavoro.

IL REPORT DI DISTE E FONDAZIONE CURELLA
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PALERMO – La fase recessiva che ha colpito l’economia meridionale a partire dal 2008 si sta rivelando particolarmente dolorosa, sia per le imprese che per le famiglie alle prese con una forte diminuzione del potere d’acquisto e con un drammatico aumento della disoccupazione. È questo uno dei risultati del 24° Report Sud, instant focus sullo stato dell’economia del Meridione, realizzato dal Diste Consulting per la Fondazione Curella di Palermo. I dati riportati nel report fanno riferimento al consuntivo 2012 e al bilancio previsionale 2013. Le analisi condotte nel Report non hanno fornito, fino all’inizio della primavera 2013, alcun segnale di attenuazione della recessione, indicando per tutto il corso dell’anno il proseguimento della crisi.

Nel 2012 intanto il prodotto interno lordo, in base alle stime Diste, è sceso del 3,4% a fronte di un calo del 2% nel Centro/Nord. Per l’economia meridionale si tratta della quinta diminuzione consecutiva nell’arco degli ultimi cinque anni, che ha riportato il livello del Pil indietro di oltre il 10 per cento. Per l’area centro settentrionale il consuntivo 2012 costituisce una inversione di tendenza, dopo un biennio di parziale recupero delle perdite subite nel 2008/2010, per cui la flessione del Pil rispetto al 2007 ha sfiorato il 6%.

Sul mercato del lavoro sono scomparsi 35.500 occupati nel Mezzogiorno e 33.100 nel Centro/Nord. Nei cinque anni di crisi i posti di lavoro distrutti nel sistema produttivo del Sud e delle Isole sono stati in totale 335.500. Il numero dei disoccupati è aumentato in un solo anno di quasi 303.000 unità (+31%) nel Mezzogiorno e il tasso di disoccupazione si è innalzato al 17,2% dal 13,6% dell’anno prima contro l’8% del Centro/Nord (6,3% nel 2011).

Per i giovani meridionali la recessione si è tradotta in una vera e propria emergenza sociale. La distruzione di posti di lavoro ha riguardato prevalentemente le componenti giovanili, che peraltro hanno subito una forte precarizzazione del rapporto di lavoro. Il tasso di disoccupazione nel quinquennio è letteralmente esploso aggravando i fenomeni di emarginazione. Nel 2012 il numero dei giovani di 15/24 anni di età impegnati nella ricerca attiva di un lavoro si è portato attorno a 288.000 unità, registrando un incremento del 27 per cento a fronte di una crescita media annua dell’1,5 per cento nel quadriennio 2008/2011. Il tasso di disoccupazione giovanile è schizzato al 46,9 per cento aumentando di 6,6 punti rispetto al 2011 e di ben 14,6 al confronto di cinque anni prima. Nel quarto trimestre dell’anno passato l’indicatore ha attraversato la soglia psicologica di 50 raggiungendo il 50,5 per cento.

“L’invito al Ministro del Lavoro, Enrico Giovannini, è di prevedere un nucleo fiscale diminuito e differenziato tra Mezzogiorno e Centro Nord – dichiara il presidente della Fondazione Curella, Pietro Busetta – nonché delle politiche di supporto ai giovani come indennità di disoccupazione che consentano di evitare quella eccessiva mobilità (leggasi emigrazione) che sta desertificando ulteriormente l’area”. “Il grido di dolore che si innalza da queste aree – conclude Busetta – non è compatibile con i giochini di potere che spesso riguardano la classe politica, la quale non riesce ancora a percepire la dimensione del dramma Italia e ancor meno della devastazione in corso nel Mezzogiorno”.

“Bisognerebbe prevedere – dice Alessandro La Monica, presidente di Diste Consulting – una campagna di tutela dell’industria del Mezzogiorno. Se si considera infatti, che negli ultimi 5 anni il ruolo già marginale dell’industria si è ulteriormente assottigliato, scendendo da una quota sul Pil del 13,7% al 12% e perdendo in termini di Valore aggiunto il 20,5%, ci si rendo conto che il nostro manifatturiero è destinato all’estinzione”.

I consumi delle famiglie residenti nel Mezzogiorno hanno subito un taglio del 5,5 per cento, un crollo la cui intensità non ha precedenti negli ultimi sessant’anni. Anche le famiglie centro settentrionali hanno ridimensionato sensibilmente i consumi (-3,6 per cento). Secondo i risultati dell’indagine, la caduta dei consumi ha riguardato l’intera gamma dei beni e servizi, compresi gli alimentari. Sintomatica dello stato di crisi é la flessione del mercato automobilistico: lo scorso anno le immatricolazioni nel Mezzogiorno si sono ridotte del 26,5 per cento (-19 per cento nel Centro/Nord). Per comprendere quanto difficile sia la situazione basti rilevare che tra il 1990 e il 2012 la domanda automobilistica si è ridotta di oltre il 60 per cento nel Mezzogiorno e di quasi il 40 per cento nell’altra grande ripartizione. La prolungata e profonda caduta della domanda di consumo ha avuto ricadute molto pesanti sugli investimenti, diminuiti per la componente dei macchinari e attrezzature del 10,2 per cento e per le costruzioni dell’8,3 per cento.

Dal lato della formazione del prodotto lordo, il peggiore consuntivo è stato conseguito dal settore delle costruzioni, con un ripiegamento dell’8,4 per cento sul 2011, e con un calo complessivo del 28,0 per cento nei cinque anni da quando è iniziata la recessione. Per l’industria in senso stretto la flessione è stata nel 2012 del 3,9 per cento, e nell’ultimo quinquennio del 20,5 per cento. Male anche l’agricoltura (-3,4 per cento) e il ramo dei servizi (-2,5 per cento).

Per l’anno in corso, l’esercizio previsionale condotto nel Report stima ulteriori cali del pil: -2,2 per cento nel Sud/Isole e -1,2 per cento nel Centro/Nord. Le incertezze sul governo dell’economia, l’Imu, la Tares, il rialzo di specifiche tariffe dei servizi pubblici, cumulandosi con un aumento insostenibile della disoccupazione sono destinati a incidere sull’andamento della domanda e dell’occupazione.

L’impatto sul mercato del lavoro risulterà più pesante rispetto al 2012, in considerazione del ritardo con cui la caduta della produzione si trasmette all’occupazione. Quest’ultima è attesa in ritirata a tassi più che doppi di quelli del 2012: -1,3 per cento pari a 78.000 occupati in meno dell’anno scorso, contro un -0,9 per cento nell’altra ripartizione (121.000 occupati in meno). Dopo l’impennata del 2012, il tasso di disoccupazione è avviato a toccare il 19,5 per cento nel Mezzogiorno (+8,5 punti in più del 2007) e il 9,1 nel Centro/Nord.


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