"Un 'partito dei manager'? |Non siamo interessati" - Live Sicilia

“Un ‘partito dei manager’? |Non siamo interessati”

Saverio Romano

Il leader di Cantiere Popolare rilancia il progetto del Ppe italiano e dice no alla nuova Forza Italia. "In Sicilia compravendita immorale di politici, siamo pronti a denunciare"

L'intervista a Saverio Romano
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4 min di lettura

PALERMO – La “nuova Forza Italia” dei manager proprio non lo convince. Saverio Romano, leader del Cantiere popolare ed eletto col Pdl alle ultime Politiche, preferisce mantenere vivo il vecchio progetto della sezione italiana del Ppe. Quel progetto di cui oggi sempre meno si parla, in un centrodestra che sembrerebbe pronto a tornare allo spirito del ’94, quello del partito leggero che punta sul marketing più che sui congressi. Una prospettiva che Romano (in compagnia di altri poltiici di centrodestra come Raffaele Fitto che lunedì sarà con lui a Caltanissetta per presentare il suo libro “Democrazia apparente”) boccia apertis verbis. “Io lo penso e lo dico – dice a Livesicilia -. Altri che la pensano come me non si espongono. Perché in quel partito vi sono sensibilità diverse. E quindi magari c’è a chi un partito fatto di manager, che si occupa di fundraising, e che si muove con logiche di marketing, può stare bene. Ma vorrei partire da un’analisi più ampia”.

Quale?
“La prima cosa che si deve fare in un momento di crisi è quale modello di società vogliamo consegnare ai nostri figli? È questa la domanda principale. Su questo si mettono insieme le persone in un partito. Il mio modello ideale di società è quello di un Paese dove ancora la famiglia costituisce il nucleo principale della società, dove vi è ancora una larga fascia sociale, il ceto medio, e vi sono alcuni principi inderogabili che sono quelli della solidarietà, della sussidiarietà e un principio a me molto caro, da difendere ogni giorno, che è quello della rappresentanza democratica. Da questo discende una dottrina economica che al capitalismo selvaggio preferisce il capitalismo solidale e una riforma costituzionale che prevede gli enti intermedi e non li tratta alla stregua di sprechi”.

E come si dovrebbe realizzare questo Paese ideale?
“Per farlo occorre un partito che raccogliendo le diverse sensibilità sia presente sul territorio e che non sia animato non da gestione manageriale ma da criteri di rappresentanza. Un luogo in cui diverse tesi si confrontano. Questo partito si chiama Popolare, perché si richiama al popolarismo sturziano e rappresenta una larga fascia di cittadinanza europea”.

In Italia questo partito non c’è però.
“Non c’è, ma c’era la promessa del partito. Berlusconi prima, e Alfano dopo, quando è diventato segretario, hanno invitato coloro che condividevano questi principi per evolvere il Pdl in Partito popolare europeo. Ricordo gli appelli a Monti, Casini… li ricorderà anche lei. Questo modello è quello che mi ha fatto aderire a questo percorso e ritengo che sia vincente”.

Ma Berlusconi sembrerebbe pensare ad altro.
“Questo lo dicono alcuni che si fanno interpreti del pensiero di Berlusconi. Serve un dibattito, su temi concreti. Ad esempio, il dibattito sulle unioni civili non è un dibattito da gruppo parlamentare ma da congresso di partito. Il modello di partito di cui parlo io è apprezzato da Carlo Giovanardi, Gianfranco Rotondi, Raffaele Fitto, financo da Alfano che però in questa veste non può dirlo”.

Ne avete parlato con Alfano?
“Queste cose le ho dette ieri pubblicamente alla presenza di Alfano. Lui sta difendendo la posizione del Pdl di cui è segretario”.

Ma il Pdl, almeno il Pdl attuale, non sembra corrispondere a quel tipo di partito di cui lei parla. A partire dalla rappresentatività di un partito che non fa congressi o primarie…
“Si stava procedendo a ristrutturarlo ed è arrivato uno stop. Legato anche alle contingenti vicende politiche nazionali. E così come c’è un dibattito dentro il Pd, c’è questo dibattito dentro il Pdl e nel “para-Pdl” come mi definisco io”.

La sua idea di partito è conciliabile con quella del partito dei manager di cui si parla in questi giorni?
“No, perché la mia comunità politica vive di rapporto con la gente nel territorio e rappresenta le istanze della gente, non le gestisce come fa un manager. A quel tipo di progetto non saremmo interessati. Ho ricevuto tante telefonate di dirigenti locali del Pdl che la pensano come me. Martedì c’è una riunione in corso, il dibattito è aperto”.

In Sicilia intanto il centrodestra è tornato a battere un colpo ieri con un attacco duro a Crocetta e al suo governo.
“Esattamente. Stiamo serrando le fila su una posizione che è quella di rappresentare questa vasta area di centrodestra al netto dei voltagabbana e di chi si vende per un piatto di lenticchie. Non faremo sconti e denunceremo la vera e propria compravendita a fronte delle promesse della nomina di qualche manager e direttore sanitario. Noi le denunceremo tutte queste cose. Adesso vedremo i nomi dei manager della Sanità e vedremo da chi sono sponsorizzati. Non si può parlare di moralità della politica quando i metodi sono quelli dell’acquisizione”.


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