Formazione e scandali | Dopo Catania trema Palermo - Live Sicilia

Formazione e scandali | Dopo Catania trema Palermo

Giovanni Salvi

Dopo le inchieste che hanno travolto quattro enti etnei, il cuore delle indagini si trasferisce nei palazzi palermitani del potere. Dalla formazione del personale negli uffici giudiziari ai controlli sui rendiconti delle spese per i corsi: investigatori a caccia di possibili connivenze.

PALERMO – Da Catania a Palermo. È nel capoluogo siciliano che si sposta la partita investigativa. Già, la partita. Termine suggerito dalle parole di  qualcuno bene informato che taglia corto: “La Formazione è una grande bisca clandestina”. Da Catania a Palermo, dunque. Per scavare ancora nel magma delle spese “fuori controllo” dei quattro enti catanesi finiti sotto accusa e serrare le fila dell’inchiesta sulla formazione professionale negli uffici giudiziari palermitani ed etnei.

La Procura di Catania guidata di Giovanni Salvi ha passato al setaccio decine e decine di progetti svolti dall’Anfe e dell’Iraps con i relativi rendiconti. E sono saltate fuori spese ingiustificate per milioni di euro. Giuseppe Saffo e Francesco Cavallaro, ora in carcere, si sarebbero messi in tasca una fetta consistente dei soldi che servivano per organizzare i corsi. Per farlo avrebbero goduto dell’appoggio di Maria Rosa Trovato, dipendente dell’ispettorato provinciale del lavoro di Catania. Era il funzionario incaricato dalla Regione per la revisione dei rendiconti presentati dagli enti. In maniera tutt’altro che zelante avrebbe fatto passare, secondo l’accusa, 43 progetti zeppi di spese gonfiate o addirittura inutili.

A lei competevano i cosiddetti controlli di primo livello. Regolamento alla mano, si legge, però, che “le risultanze contabili delle operazioni di verifica devono essere trasmesse, entro il termine di sessanta giorni dalla presentazione del rendiconto al dipartimento della Formazione professionale, servizio Gestione, per la liquidazione dell’eventuale saldo”. In pratica, una bella fetta del finanziamento viene erogato sulla base del via libera degli uffici periferici. Per il resto si deve attendere l’ok dell’assessorato. A Palermo qualcuno poteva accorgersi degli affari “sporchi” catanesi, se tali sono stati davvero, e stopparli? Poteva e non ha voluto? Negligenza o connivenza? Domande a cui cercheranno di dare una risposta gli investigatori della Procura palermitana diretta da Francesco Messineo che assieme ai colleghi catanesi probabilmente busseranno alle porte degli uffici del potere palermitano. Del resto le indagini dei finanzieri della polizia tributaria di Catania hanno già offerto spunti di lavoro ai pm palermitani. Città in cui nei mesi scorsi si sono confrontati i pubblici ministero Giuseppe Gennaro e l’aggiunto Leonardo Agueci che coordina le indagini della procura palermitana sui reati contro la pubblica amministrazione.

Nel 2011 i pm catanesi hanno acceso i riflettori sull’Iraps Onlus non solo per l’inchiesta sfociata ora negli arresti, ma anche per una vicenda che svelerebbe come il malaffare della formazione non si sia arrestato neppure di fronte alla legge. Nel mirono è finito, infatti, il bando per il “Rafforzamento delle capacità d’azione delle autorità per l’Amministrazione della giustizia della Regione Siciliana”. Una montagna di soldi del Fondo sociale europeo che sarebbero dovuti servire per qualificare il personale e organizzare gli uffici giudiziari. Obiettivo dichiarato: rendere più efficiente la macchina della Giustizia al servizio del cittadino. A detta degli investigatori, però, sarebbe stato raggiunto un risultato meno edificante visto che “i soldi pubblici sarebbero finiti nelle tasche dei privati”.

Uno dei primi bandi incriminati valeva un milione e 230 mila euro e interessava la Procura di Palermo, il Tribunale e la Corte d’appello di Catania. La procedura adottata era quella “aperta con il criterio di offerta economica più vantaggiosa”. Ad aggiudicarsi l’appalto fu l’Iraps Onlus di Catania. La determina era a firma del dirigente del servizio Concetta Cimino e dell’allora dirigente generale dell’assessorato alla Formazione, Patrizia Monterosso. Qualcuno appena arrivato negli uffici giudiziari etnei prima si mi mise le mani nei capelli e poi prese carta e penna per denunciare che era stato realizzato poco niente di ciò che era previsto nel bando. Le cose sarebebro andate meglio a Palermo dove però ancora mancherebbe il “collaudo” finale dei lavori svolti.

Nel 2011 la guardia di finanza si presentò negli uffici dell’assessorato regionale alla Formazione e sequestrò tutti gli atti che riguardavano l’Iraps. Perché se turbativa d’asta c’è stata, ed è l’ipotesi su cui lavorano i magistrati, è stata commessa a Palermo. Città dove nel frattempo è partita anche una verifica amministrativa su altri centinaia di corsi: dalle spese per i materiali a quelle per pagare i docenti.


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