La legge sull'editoria è un bluff | E il commissario la impugna - Live Sicilia

La legge sull’editoria è un bluff | E il commissario la impugna

I Fondi europei che dovrebbero finanziare la norma ancora, di fatto, non esistono. Mentre i criteri per la scelta dei giornali sui quali pubblicizzare i bandi di gara hanno oltrepassato i limiti del Codice unico sugli appalti. Per questo, Aronica ha cassato due articoli della norma sulla stampa.

PALERMO – Le somme stanziate dal 2014 in poi, ancora, di fatto, non esistono. Mentre la scelta dei giornali sui quali pubblicizzare i bandi e gli avvisi pubblici ha violato il Codice degli appalti. E i principi della libera concorrenza. Per questi motivi il Commissario dello Stato Aronica ha impugnato il ddl sull’editoria.

Nel primo caso, come già segnalato da Livesicilia pochi giorni fa, lo stanziamento di circa 15 milioni per gli investimenti delle società interessate, secondo quanto previsto dall’articolo 6 della legge, avrebbe pesato sul Fesr 2014-2020. Fondi per i quali non esiste ancora una programmazione, né una concertazione con l’Europa.

“Tali risorse, ancorché verosimilmente ammissibili nel contesto programmatico dei fondi strutturali europei,  – scrive il Commissario dello Stato – non possono che considerarsi indicative fino all’approvazione dei relativi documenti programmatici e, pertanto, non ci si può esimere dal rilevare la inidoneità della copertura finanziaria prevista, atteso che la norma proposta impegna per il futuro risorse oggetto di procedure di allocazione specificatamente stabilite dalla normativa comunitaria (peraltro tuttora in itinere) e non preventivamente vincolabili in ambito nazionale”.

L’altro articolo “cassato” da Aronica è il numero 11. Quello che obbliga le amministrazioni pubbliche che indicono una gara o un appalto a rendere noti i dati su quella gare “mediante pubblicazione per estratto, a scelta della stazione appaltante, su due quotidiani a diffusione nazionale, su due quotidiani a maggiore diffusione locale del luogo ove si eseguono i lavori e su un periodico a diffusione regionale’”. L’articolo prevede anche i requisiti per l’individuazione delle testate, cioè quelli di avvalersi di “non meno di tre giornalisti iscritti al relativo albo professionale assunti con contratto a tempo indeterminato; l’attestazione di regolarità contributiva e previdenziale ai fini Inpgi e Casagit; non meno di tre anni di ininterrotta pubblicazione con diffusione regionale, con vendita in edicola; l’attestazione di copie vendute a norma di legge”.

Un’invasione di campo, secondo il Commissario Aronica, visto che, nonostante lo Statuto speciale assegni alla Sicilia una competenza esclusiva sul tema dei “lavori pubblici”, questa competenza deve essere comunque esercitata all’interno dei limiti fissati dal “Codice degli appalti pubblici che costituisce diretta attuazione delle prescrizioni poste a livello dell’Unione Europea”. La norma, invece, finirebbe per violare il principio della libera concorrenza. Andando oltre i limiti fissati dal Codice per gli appalti: “Il legislatore regionale, con la disposizione oggetto di censura, – scrive infatti il Commissario dello Stato – attribuisce invero alla stazione appaltante la facoltà, per adempiere all’obbligo di pubblicazione per estratto dei bandi di gara, di scegliere tra due quotidiani a maggiore diffusione nazionale, due quotidiani a maggiore diffusione locale e un periodico a diffusione regionale in possesso di determinati requisiti fra l’altro non richiesti dalla normativa statale. Orbene, – prosegue – poiché si tratta inequivocabilmente di aspetti inerenti alle procedure di affidamento, che rientrano nella materia della tutela della concorrenza, le norme del predetto codice costituiscono un legittimo invalicabile limite all’esplicarsi della potestà legislativa esclusiva della Regione”.


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