Cooperative morose ed espropri| Comune chiede soldi ai proprietari - Live Sicilia

Cooperative morose ed espropri| Comune chiede soldi ai proprietari

Palazzo delle Aquile è costretta a pagare le indennità di esproprio al posto delle cooperative inadempienti e l'amministrazione adesso vuole i soldi dai proprietari delle case. Solo in corso Calatafimi se ne contano 600.

PALERMO – Corrispettivi per gli espropri mai pagati, e per questo pagati dal Comune che poi fatica a rientrare delle somme spese, ma anche transazioni al ribasso, cause puntualmente perse, convenzioni vecchie di trent’anni e perfino il rischio che Palazzo delle Aquile adesso chieda soldi a migliaia di persone. C’è di tutto e di più nell’incredibile vicenda delle cooperative della quinta città d’Italia.

Una questione antica ma tornata d’attualità quando, ieri mattina, in commissione Urbanistica si è approfondita una delibera all’ordine del giorno: una presa d’atto del consiglio comunale sulla costruzione realizzata da una cooperativa, per il passaggio da proprietà indivisa a divisa per i singoli proprietari. Un atto che sarebbe passato quasi inosservato, se in commissione non fosse stato convocato il nuovo dirigente dell’ufficio Espropri, l’ex vice segretario generale Giuseppe Sacco.

Ed ecco la storia, a tratti surreale, ma tutta drammaticamente vera. Si tratta, in poche parole, di come negli ultimi trent’anni ha funzionato il sistema degli espropri. Quando una cooperativa deve costruire, infatti, o possiede il terreno oppure deve chiederne l’espropriazione che, in molti casi in passato, è avvenuta mediante un’occupazione temporanea d’urgenza decretata dal Comune per evitare di far perdere i finanziamenti alla cooperativa. Sta di fatto che la cooperativa è chiamata a versare una certa somma di denaro al proprietario a cui viene espropriato il terreno, ma non sempre questo accade e, col tempo, nascono i contenziosi.

Alcuni proprietari di aree espropriate, pertanto, fanno causa al Comune che ha decretato l’occupazione d’urgenza. Vincendola, il più delle volte. A quel punto l’ente dovrebbe rivalersi sulla cooperativa morosa per farsi rimborsare quanto speso, ma capita che la cooperativa intanto si sia sciolta o sia sparita. Morale della favola? Il Comune paga somme che non gli spetterebbe pagare e fa pure fatica a farsele restituire. Oppure fa transazioni al ribasso, rimettendoci, o ancora si fa restituire i soldi ma nell’arco di anni, avendoli intanto dovuti anticipare di tasca.

Una situazione assurda, aggravata dal fatto che le polizze fideiussorie sono il più delle volte limitate nel tempo o coprono magari un decimo della somma poi spesa. E non sempre, incredibilmente, è presente una clausola di salvaguardia, ma lì dove è presente per l’attuale proprietario i guai possono essere grossi. A seconda della convenzione e dell’atto di proprietà, il debito nei confronti del Comune può essere rimasto anche a distanza di anni ed essere passato di proprietario in proprietario. In teoria il Comune potrebbe perciò chiedere le somme agli attuali proprietari per riavere le indennità spese, il che significherebbe coinvolgere migliaia di persone. Solo in corso Calatafimi se ne stimano 600 circa, malgrado la somma eventualmente richiesta sia generalmente contenuta (in alcuni casi poco meno di mille euro).

Ma al danno, si aggiunge a volte anche la beffa. Alcune cooperative, pur non avendo mai restituito le indennità di esproprio al Comune, hanno comunque ottenuto agibilità e abitabilità. E dopo la sentenza 181 del 2011 della Corte Costituzionale, inoltre, tutte le indennità oggetto di cause non passate in giudicato vanno rivalutate al rialzo, il che potrebbe anche dire vederle triplicate, col Comune costretto a sborsare fiori di quattrini.

Tutto qui? No, perché al di là dei debiti fuori bilancio che potrebbero sorgere, a questo punto l’amministrazione vuole vederci chiaro e ritoccare le convenzioni per evitare il ripetersi di casi simili. Il Palazzetto dello Sport di Fondo Patti, per esempio, pur distrutto sta costando a Palazzo delle Aquile 14 milioni di euro in più per “l’inesistenza giuridica della dichiarazione di pubblica utilità dell’opera”. Insomma, una pratica di esproprio fatta male e ora pagata a peso d’oro. Per questo gli uffici potrebbero decidere di non autorizzare più i programmi costruttivi, a meno che le cooperative non abbiano già la disponibilità dell’area.

E adesso andiamo ai numeri. Da un primissimo elenco stilato dagli uffici, si contano già 21 casi per un totale di quasi 4 milioni di euro pagati al posto delle cooperative e che queste non hanno restituito o stanno restituendo solo in parte. In due casi la cifra supera il milione di euro, in un caso arriva a 1,7.

“A mio avviso nella vicenda delle cooperative il Comune si trova a soccombere, dal momento che deve pagare somme a chi ha avuto i terreni espropriati fungendo da garante – dice il capogruppo di Forza Italia Giulio Tantillo – bisogna cambiare il modello di convenzione, vecchio di vent’anni, adeguarlo ai tempi e fare in modo che preveda una fideiussione per l’intero importo dell’esproprio. Voglio ricordare che il consiglio nel 2010 ha indirizzato gli uffici, prima delle convenzioni, a verificare la disponibilità al 100% delle aree della cooperativa che ha fatto richiesta: in caso contrario, non si può stipulare la convenzione. Appare strano che il Comune sia chiamato ad anticipare le somme e che poi debba riprenderle a rate, se e quando le riprenderà. Sulle transazioni vogliamo capire meglio: se il proprietario ha già ricevuto una somma dal Comune e poi c’è una transazione tra cooperativa e Comune, se la transazione è al ribasso l’ente ha pagato di più. Per questo chiederemo gli atti delle transazioni degli ultimi dieci anni”.

In molti casi, inoltre, gli uffici hanno proceduto in autonomia e quindi non si sa, in totale, a quanto ammonti nell’arco dei decenni l’esborso totale e il mancato incasso per le transazioni. “Bisogna capire come invertire la tendenza, cercando di lavorare su un nuovo schema di convenzione che tuteli il Comune da un rischio di mancato pagamento della cooperativa di turno, introducendo fideiussioni più alte o comunque uno strumento con cui il Comune può aggredire il patrimonio edilizio costruito”, suggerisce il vice capogruppo del Mov139 Pierpaolo La Commare. “Si tratta di procedure complesse e l’amministrazione in passato non è stata sempre perfetta – dice il presidente della commissione Alberto Mangano – bisogna chiudere il contenzioso e occorre avere risorse disponibili: bisogna stimolare le transazioni con i privati. Si rischia altrimenti di trascinare il Comune su una china pericolosa, dal punto di vista finanziario. Ci sono situazioni che non si perfezionano e durano nel tempo. Andrebbe avviata una politica tendente a chiudere il contenzioso con le transazioni, che sarebbero più convenienti e veloci: meno soldi, ma subito. E’ inammissibile che dei privati non possano ricevere dei soldi per i ritardi dell’amministrazione”.

“Vi sono pendenti parecchi giudizi nei confronti di cooperative per mancato pagamento dell’indennità di espropriazione corrisposta in loro vece dal Comune di Palermo – spiega in una nota piazza Pretoria – in taluni casi peraltro alcune cooperative sono state poste in liquidazione e hanno cessato l’attività, con la conseguenza che ai singoli proprietari dovrà farsi riferimento per l’eventuale recupero delle somme, in forza di una specifica clausola delle convenzioni per la quale i cessionari si obbligano a corrispondere eventuali somme o maggiori somme precedentemente non corrisposte dalla Cooperativa. Tale clausola dovrebbe essere sempre riportata nelle note di trascrizione dei vari atti di cessione intervenuti medio tempore. L’eventuale recupero delle somme è atto dovuto, meramente gestionale, e pertanto privo di discrezionalità. L’Amministrazione comunale è al lavoro perché i profili di criticità gestionali emersi ed esposti nel corso dell’audizione possano essere superati”.

 


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