Delitto Akis, la sentenza |29 anni per Rosario Grasso - Live Sicilia

Delitto Akis, la sentenza |29 anni per Rosario Grasso

Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso, uomini vicini al clan Laudani, scompaiono nel nulla il 21 febbraio 2011. Il verdetto della Corte d'Assise. Il difensore, l'avvocato Giuseppe Di Mauro annuncia il ricorso in appello.

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CATANIA – 29 anni di reclusione per Rosario Grasso. E’ arrivata dopo oltre 7 ore di camera di consiglio la sentenza della Corte d’Assise presieduta dal giudice Rosario Cuteri per il duplice omicidio di Giuseppe Spampinato e Francesco Grasso, scomparsi nel nulla il 21 febbraio del 2011. Alla sbarra il titolare dell’agriturismo Akis di Aci Sant’Antonio, Rosario Grasso, accusato di omicidio. Il collegio giudicante ha escluso l’aggravante della premeditazione del reato. Assolti la moglie Gabriella Pappalardo e il figlio Angelo “per non aver commesso il fatto”, mentre è stato condannato a un anno e sei mesi di reclusione l’altro figlio Filippo per le false dichiarazioni rese alla Polizia Giudiziaria.

E’ stato un processo per omicidio senza cadaveri. I corpi delle vittime non sono mai stati ritrovatati dai Carabinieri che hanno condotto una delicata indagine, con l’ausilio scientifico dei Ris di Messina. Cruciali sono stati infatti gli esami del luminol per dare una svolta all’inchiesta. Non sono due uomini qualunque a sparire quel pomeriggio del 2011, ma sono due uomini vicini al clan Laudani. Giuseppe Spampinato, addirittura, secondo il collaboratore ed ex reggente del clan, Giuseppe Laudani, era il referente della famiglia nel comune di Aci Catena.

Un anno dopo la denuncia di scomparsa da parte dei familiari i Carabinieri – grazie al fiuto investigativo di un biochimico molecolare – tornarono all’Akis e trovarono diverse tracce di sangue sulle mattonelle del ristorante. Davanti a quelle prove schiaccianti Rosario Grasso, che fu fermato dopo un lungo interrogatorio, cambiò la versione che aveva dato in un primo momento e ammise che i due erano stati uccisi nel suo locale, ma che non era stato lui. Altre tre persone che avevano fatto irruzione improvvisamente. Per paura delle ritorsioni, soprattutto per i suoi familiari, aveva mentito e aveva cancellato con della pittura le tracce dell’omicidio. Una ritrattazione che non convinse gli inquirenti che lo portano dritto in carcere. Da lì il lungo processo, che oggi si chiude con una sentenza che accoglie parzialmente la richiesta del pm Pasquale Pacifico, che aveva chiesto la condanna all’ergastolo per Rosario Grasso e tre anni per i familiari accusati di favoreggiamento. A dimunire la pena per l’imputato l’esclusione dell’aggravante. Per capire a quale conclusione sia arrivato il collegio giudicante sarà necessario leggere le motivazioni della sentenza che saranno depositate entro il termine di 90 giorni.

“Faremo appello”. Questo il commento a caldo del difensore di Rosario Grasso, l’avvocato Giuseppe Di Mauro che aveva chiesto per il suo assistito la riqualificazione del reato in favoreggiamento, mentre per la moglie Gabriella Pappalardo e i figli Filippo e Angelo l’avvocato aveva chiesto alla Corte d’Assise il “non luogo a procedere”. “Sarà importante leggere le motivazioni anche per comprendere – aggiunge il legale – la ricostruzione dei giudici che hanno condannato l’imputato per il reato di omicidio escludendo però l’aggravante della premeditazione”.

ACCUSA E DIFESA A CONFRONTO.

 

 


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