Rischio commissariamento |I sindaci sparano a zero sull'Ars - Live Sicilia

Rischio commissariamento |I sindaci sparano a zero sull’Ars

Sindaci a rischio senza i bilanci. Ma la gran parte dei Comuni siciliani non può votarli perché mancano i soldi. Bianco: "L'Ars ci rema contro".

PALERMO – Non bastavano le ex Province, le camere di commercio, gli enti regionali e chi più ne ha più ne metta. Il commissariamento generale della Sicilia con conseguente sospensione della democrazia adesso può travolgere i Comuni. È uno degli aspetti meno discussi della riforma votata dall’Ars, quella che ha riportato in vigore l’effetto trascinamento delle liste e che ha archiviato i ballottaggi se un candidato supera il 40 per cento. Tra gli articoli della legge, infatti, c’è anche la norma che prevede che il sindaco tolga il disturbo insieme al consiglio comunale se non viene approvato il bilancio. Norma che uniforma la Sicilia al resto d’Italia, certo, ma che nell’Isola ha un sapore particolare, visto che qui i Comuni da tempo non riescono mai ad approvare i documenti contabili rispettando i termini di legge. E questo anche perché, dopo anni di tagli, la Regione tarda a trasferire loro le risorse dovute. Da qui il paradosso: i Comuni affamati potrebbero finire commissariati in massa.

L’Anci aveva sollevato il problema nei giorni scorsi. E torna alla carica. “Se guardiamo il trend degli ultimi cinque o sei anni – spiega Paolo Amenta, vicepresidente dell’Anci Sicilia -, i bilanci dei Comuni sono stati approvati tutti tra settembre e dicembre, in ritardo. Quindi dovrebbero essere cambiati tutti. Il fatto è che nessuno all’Ars sta tenendo conto del disastro economico nel sistema dei Comuni. Sono stati tagliati 700 milioni negli ultimi anni. E 350 Comuni su 390 non hanno approvato i bilanci, per i quali la scadenza era il 30 aprile”.

A criticare la norma erano stati l’altroieri i sindaci di Agrigento e Messina, Lillo Firetto e Renato Accorinti: “Sulla base di quanto emerso in occasione dell’ultima seduta della Conferenza Regione – Autonomie Locali del 4 agosto, ancora oggi i comuni non hanno a disposizione tutti gli elementi necessari per poter predisporre i Bilanci di Previsione 2016 – facevano notare i sindaci -. La Regione infatti a distanza di oltre tre mesi dalla scadenza del termine del 30 aprile solo pochi giorni fa ha comunicato un taglio del 9 per cento sulla parte corrente rispetto a quanto previsto dalla Legge regionale di Stabilità 2016 e non ha ancora dato alcuna indicazione circa 165 milioni destinati a spese di investimento e al pagamento delle rate dei mutui accesi per la stessa finalità”.

Insomma, se i Comuni non approvano i bilanci in massa, questo vorrà pur dire qualcosa. Ma l’unica risposta che arriva dall’Ars, lamentano i sindaci, è una norma come quella in questione. “Qui c’è il problema di ripensare la finanza locale. E invece questa legge è sembrata una fiera di regolamenti dei conti tra i deputati e i sindaci del territorio”, commenta il sindaco di Agrigento Lillo Firetto, che fa notare come “tutti i 347 comuni che non hanno fatto i bilanci hanno un commissario ad acta nominato dalla Regione, ma nessuno ha messo mano al bilancio di previsione perché è impossibile farlo. Qui c’è un problema di tenuta istituzionale e ti aspetti che la Regione risponda con responsabilità.

Il sindaco di Catania Enzo Bianco sul punto va giù duro: “Questa è una ferita gravissima, tutto il resto è opinabile. Si lede il principio dell’elezione diretta del sindaco, che marcia in modo separato dal consiglio comunale. Se qui si consente potenzialmente a una minoranza di potere sostanzialmente sfiduciare il sindaco e mandarlo a casa l’elezione diretta non c’è più. Io non so se i legislatori si siano resi conto, ma temo di sì per alcuni perché hanno manifestato in passato un sentimento d insofferenza verso i sindaci eletti direttamente”.

Insomma, c’è una vera e propria frattura istituzionale tra sindaci e Regione e Bianco ne parla apertamente. “Dovremmo pagare per i bilanci non approvati? Noi ancora oggi non sappiamo in ognuno dei campi su quali somme possiamo disporre. Con l’azienda del trasporto pubblico di Catania abbiamo crediti del 2014. Mi verrebbe da dire curnuti e mazziati. Abbiamo un’Assemblea regionale che in alcuni settori ci rema contro e per di più ci prendiamo pure le minacce di commissariamento”. Una parte rema contro, ed è una parte decisiva, numeri alla mano. “C’è anche una parte che cerca di mediare – risponde Bianco – e ha impedito scelte peggiori, come quelli che volevano in odio a Orlando e a Bianco, che il presidente della città metropolitana fosse eletto con voto non ponderato dei consiglieri comunali. E poi con Sala o Appendino si andava e sedere il sindaco di Milo?”.

Se a tutto questo si aggiunge la norma che ha reso più facile sfiduciare i sindaci dei grandi Comuni, abbassando la soglia perché passi una mozione di sfiducia dei consiglieri, ecco che le poltrone, già scomode, dei sindaci si fanno sempre più scricchiolanti. “Se si consegna il Comune alle paturnie o alle frustrazioni di qualche consigliere comunale la qualità dell’amministrazione non sarà quella che serve ai cittadini”, commenta Firetto. Amenta è ancora più esplicito: “E’ inopportuno che noi non siamo stati coinvolti in questa riforma. Stiamo riconsegnando il territorio comunale ai faccendieri, indebolendo il sindaco”.

Insomma, se i rapporti tra Enti locali e Regione erano già tesi da un pezzo, alla luce delle gravissime difficoltà finanziarie di Comuni e Province, il parto agostano dell’Ars ha ulteriormente peggiorato le cose. “Pazienza. Andremo avanti con la legge che faranno, basta che almeno non vengano abolite le elezioni…”, sintetizza con una battuta il sindaco di Palermo e presidente dell’Anci Leoluca Orlando.


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