Graviano e l'arresto di Riina | "Io l'ho avvertito subito" - Live Sicilia

Graviano e l’arresto di Riina | “Io l’ho avvertito subito”

Giuseppe Graviano

Nei dialoghi intercettati del boss di Brancaccio si parla del capo dei capi.

PALERMO – Se solo gli avessero dato retta, così racconta Giuseppe Graviano, forse avrebbero evitato l’arresto di Totò Riina. Il boss di Brancaccio, intercettato in carcere, racconta di avere dato invano l’allarme. Non fu ascoltato.

Nei dialoghi fra Graviano e il compagno di socialità Umberto Adinolfi si torna a parlare dell’arresto del capo dei capi avvenuto nel gennaio 1993. “Te lo dico io perché l’hanno arrestato – ricostruisce Graviano durante l’ora d’aria nel carcere di Ascoli Piceno – io lo sapevo… un compagno pedinato perché lui ha sottovalutato diverse cose”.

Soprattutto Riina avrebbe sottovalutato il fatto che Balduccio Di Maggio, l’ex autista del padrino corleonese, potesse tradirlo. Di Maggio, aggiunge Graviano, “era in contrasto con Brusca… siccome questo Giovanni è stato sempre infame… ci metteva infamità con u cristianu… questo ci faceva da autista… perché u cristianu era abituato si prendeva un autista… di fiducia…”.

Ad un certo punto Brusca, entrato in contrasto con Di Maggio, “gli aveva proposto di… (ucciderlo)…”. Solo che “lui (Totò Riina, ndr) ha detto no. Io non li faccio queste cose… delle persone che mi hanno fatto del bene… perché… dice… questo gli ha ospitato la sua famiglia, dieci anni prima… allora l’ha chiamato e gli ha detto: senti… tu hai questo peccato… sai che cosa corri. Io non lo faccio… e l’ho fermato… vedi se puoi andartene fuori”.

Ed in effetti Di Maggio si trasferì nel Nord Italia: “Se n’è andato a Torino – aggiunge Graviano – Borgomanero… io ero latitante lì… Novara… provincia di Novara…”. Novara è la città dove il 9 gennaio 1993 Di Maggio decise di pentirsi. La notizia, almeno così sostiene Graviano, arrivò subito alle sue orecchie: “… io facevo il latitante ad Omegna. Quella notte… noi avevamo giocato a carte… io, mio fratello… eravamo stati alle Vertigi. Io, Baiardo che era la persona che mi dava ospitalità… mio fratello Filippo, quel ragazzo che ti ho detto… Cesare (Cesare Lupo, ndr))… con le rispettive mogli… erano le due, le tre di notte e ci siamo ritirati nella villa di Baiardo… e ci siamo messi a giocare a poker…”.

E sarebbe arrivata la notizia: “La mattina, erano le sette e qualche cosa, le donne… dice… noi ce ne andiamo a letto. Dice… vado a prendere la colazione. Va a prendere la colazione… ritorna… e mi dice: un altro ce n’è. Gli dico: che è successo?… questa notte hanno arrestato a Balduccio Di Maggio. Ieri sera hanno arrestato a Borgomanero un certo Balduccio Di Maggio e l’hanno portato… e subito ha iniziato a collaborare”.

Il capomafia di Brancaccio si sarebbe attivato senza perdere tempo. Bisognava avvertire l’uomo a cui Di Maggio aveva fatto da autista, e cioè Totò Riina: “… io subito… gliel’ho fatto sapere… l’ho fatto sapere…”. Da Palermo sarebbe poi arrivata una notizia importante a Graviano: “Mi fanno sapere… ci sono una squadra di sbirri… che vengono da fuori e sono ospitati qua… ed hanno pure documenti… falsi”. I poliziotti erano alloggiati all’Hotel San Paolo Palace oggi confiscato a Graviano che aveva in mente di uccidere qualcuno perché “la mattina… uno, due… si fanno la corsetta… in uno spiazzale…”. Arrivò, però, lo stop al piano di morte: “… dice… no, perché abbiamo cose più importanti. Umberto… abbiamo cose più importanti… l’hanno arrestato”.

Secondo i pm di Palermo, Riina avrebbe deciso di evitare azioni eclatanti e si chiedono perché mai il padrino corleonese, pur sapendo del pentimento di Di Maggio, fosse rimasto a Palermo dove l’avrebbero catturato il 15 gennaio di quello stesso anno. Si sentiva sicuro, forse perché Di Maggio non sapeva dove si nascondesse il capo dei capi? Un’ipotesi che cozza con quanto finora emerso: fu Di Maggio a disegnare la mappa di via Bernini dove viveva Riina, da lui riconosciuto in un video.

Il processo sulla cosiddetta trattativa Stato-mafia, dove i dialoghi di Graviano sono stati riversati, punta a dimostrare, sulla base della ricostruzione di Massimo Ciancimino, che fu Bernardo Provenzano a tradire Riina. Dunque, i carabinieri del Ros sapevano già dove arrestare il capo dei capi senza bisogno dell’aiuto di Di Maggio? Graviano parlando con Adinolfi conclude di avere “poi incontrato a quello che… (gesticola per indicare – annotano gli agenti della Dia – l’autista verosimilmente Biondino Salvatore) … gli ho detto… ma… dice … chissà se mi avessi ascoltato…”.


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