Dai procuratori della Repubblica | alla Repubblica dei procuratori - Live Sicilia

Dai procuratori della Repubblica | alla Repubblica dei procuratori

Commissari, presidenti, ministri. Quando il governo passa ai pm.

Politica e giustizia
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PALERMO – E così pare che nella Trapani commissariata sia destinato ad arrivare l’ex procuratore capo di Palermo Francesco Messineo. A lui, secondo indiscrezioni, dovrebbe toccare la gestione del Comune dove le elezioni sono naufragate a seguito di un micidiale uno-due che si è abbattuto sui big della sfida. Con tutte le conseguenze del caso. Le mosse della procura di Palermo, dall’arresto di Mimmo Fazio alla richiesta di soggiorno obbligato per Antonio D’Alì hanno fatto irruzione nei giorni più caldi di campagna elettorale quando non si poteva più tornare indietro. Innescando un meccanismo che ha portato fino al candidato unico (e unico sopravvissuto dalla scure giudiziaria) che i trapanesi non si sono sentiti di incoronare con un’elezione di stampo bulgaro.

E quindi si ripartirà, salvo sorprese, da un procuratore. Un altro. Stavolta nei panni del commissario.

Così come alla Regione sperava di fare il Pd. Corteggiando il procurator de’ procuratori, nonché presidente del Senato (per meriti acquisiti da procuratore, visto che la sua elezione a presidente coincise con il suo primo giorno da politico). Quel Pietro Grasso che, con senso di responsabilità istituzionale, non se l’è sentita di accettare l’offerta e di correre con l’abbrivio della seconda carica dello Stato a legislatura in corso. Voleva un nome autorevole il Pd. Voleva un nome che non sapesse di Crocetta e che facesse dimenticare quest’ultimo quinquennio. C’era forse un profilo migliore dell’ex procuratore capo di Palermo e procuratore nazionale antimafia? Giammai.

Un procuratore è per sempre. E ormai in politica torna sempre utile. Come a Rosario Crocetta, che ha arruolato i suoi in squadra, il primo fu Nicolò Marino, col quale poi finì male, se non malissimo. Come ai renziani di Sicilia, che in giunta piazzarono anch’essi il loro procuratore, Vania Contrafatto, che ancora lì sta. Così come aveva fatto Raffaele Lombardo, prima che indagini e processi travolgessero il suo impero, chiamando alla sua destra Massimo Russo che lì si era assiso da magistrato per tramutarsi progressivamente in politico fino al ritorno alla toga. Quella che invece a un certo punto abbandonò il procuratore più corteggiato dalle tv dell’epoca, Antonio Ingroia, quando dopo aver tentato con scarse fortune la via del premierato, fu mandato ad Aosta suo malgrado.

Lasciò la magistratura a quel punto, Ingroia. Che nel processo sulla trattativa aveva già passato il testimone a Nino Di Matteo, altro procuratore per il quale s’è ipotizzato un futuro in politica. Lui stesso, partecipando a in convegno dei 5 Stelle con i quali ha mostrato qualche sintonia, ha detto che un magistrato in politica può dare il suo contributo.

E come dargli torto? A forza di gridare onestà-onestà e di far dettare l’agenda politica da intercettazioni e inchieste (senza far troppo caso a come poi finiscono le medesime inchieste) il passaggio dai procuratori della Repubblica alla Repubblica dei procuratori è quasi completato. In Sicilia ancora più che altrove.


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