CATANIA – È stato ammazzato dieci anni fa. Sebastiano Fichera sarebbe stato punito dal boss Biagio Sciuto perché avrebbe fatto ‘l’indipendente’ rispetto al clan per il traffico di droga. Questa almeno la verità processuale che viene fuori dalle motivazioni della sentenza di secondo grado che conferma la condanna all’ergastolo per l’ultimo padrino della cosca Sciuto -Tigna. Un omicidio che qualcuno non dimentica. E forse non lo farà mai.
In via Cairoli, nel luogo esatto dove Iano Fichera è stato crivellato di colpi alla schiena e alla testa, c’è una lapide dove sono presenti sempre fiori freschi. Come stamattina. E insieme al bouquet un cuore con su scritto “ti amo”. “Perchè Iannuzzu vale”, si legge su quel pezzo di marmo.
Una frase forse meno eloquente di quella del murales che campeggiava in una piazzetta di San Giorgio, rione dove abita la famiglia di Iano Fichera, e che è stato rimosso dopo sette anni dall’omicidio per volere dell’amministrazione comunale. Perché pur rispettando il dolore per la perdita, la città non poteva permettersi di avere una scritta che inneggiasse riverenza nei confronti di un boss. Per quanto ormai scomparso.
La Corte d’Assise d’Appello, presieduta da Dorotea Quartararo, riprende quasi in toto le motivazioni dei giudici di primo grado. Si analizzano le indagini, gli esiti dell’autopsia, le intercettazioni audio e video captate dalle cimici piazzate al cimitero davanti alla tomba di Sebastiano Fichera, i verbali dei pentiti. Prove che per i giudici di primo e secondo grado portano al nome di Biagio Sciuto nel ruolo di mandante. Anche se diverse volte nelle udienze del processo di primo grado il boss ha ribadito la sua innocenza. Parole che non hanno scalfito le valutazioni della Corte che ha inflitto la pena più pesante: l’ergastolo. Condanna confermata in Appello. Adesso resta lo scoglio del terzo grado di giudizio: la Cassazione.
Iano Fichera avrebbe costruito un preciso canale della droga che gli avrebbe fruttato enormi guadagni. Proventi che però non avrebbe spartito con la cosca. E questo non sarebbe stato gradito dai boss Biagio Sciuto e Giacomo Spalletta che avrebbero deciso di dare una lezione “al picciriddu che non ascoltava”. Fichera sarebbe stato attirato in una trappola. Con la scusa di sistemare un faccenda relativa “ad un escavatore”. Poi mentre si trovava in via Cairoli a bordo del suo scooter è stato affiancato dai killer che lo hanno freddato. Sull’asfalto gli inquirenti trovano tre bossoli 7,65.
Un omicidio che ha scatenato la vendetta. Giacomo Spalletta, dopo qualche mese dalla morte di Fichera (a novembre), è stato ucciso. Mezz’ora dopo l’agguato, Sebastiano Lo Giudice e il suo uomo di fiducia si sono presentati davanti la tomba di “Ianuzzu” per abbracciare la vedova. Una scena immortalata dalle telecamere della Squadra Mobile. La moglie di Iano Fichera guardando la lapide del marito ucciso ha mormorato: “Ora c’è chi ti fa compagnia”.