Giornale non pubblica una riflessione |Citato davanti al giudice di pace - Live Sicilia

Giornale non pubblica una riflessione |Citato davanti al giudice di pace

Il caso raccontato da un sito messinese.

Scrive a un giornale chiedendo di pubblicare una sua “riflessione”. La testata non la pubblica e viene citata in giudizio. Una storia insolita quella che arriva da Messina. La racconta lo stesso sito Tempo Stretto in un articolo a firma del direttore Rosaria Brancato.

A proporre una sua riflessione alla testata (e anche alla Gazzetta del Sud, citata anch’essa), via mail, era stato un avvocato messinese. La sua lettera aveva a oggetto le conseguenze di una sentenza che vieta a chi ha ricoperto più mandati di ricandidarsi al consiglio forense. La riflessione non finisce sul giornale on line e a gennaio il legale cita in giudizio Tempo Stretto, che ad aprile dovrà presentarsi davanti al giudice di pace.

“Se è vero che il titolare della testata giornalistica ha una discrezionalità nella scelta delle notizie da pubblicare – scrive il ricorrente nella citazione –, ciò non significa che questa discrezionalità possa essere equiparata a libero arbitrio, degradando la funzione pubblica di informazione che viene chiamato a svolgere! È evidente quindi che siffatta discrezionalità vada sindacata dal giudice, nella misura in cui l’uso che se ne fa non assicuri un’informazione obiettiva, perseguendo di contro nelle scelte, finalità apertamente protezionistiche di soliti gruppi o poteri forti”.

Insomma, deve essere un giudice a pronunciarsi su cosa debba o non debba pubblicare un giornale. Questo perché altrimenti, si sostiene nella citazione, sarebbe violato l’articolo 21 della Costituzione. “Il nostro ordinamento riconosce e garantisce a ciascun soggetto il diritto di comunicare, diffondere e pubblicare notizie, commenti, opinioni, nonché il diritto di utilizzare ogni mezzo allo scopo di portare l’espressione del pensiero a conoscenza del massimo numero di persone”, si legge nella citazione, che chiede un risarcimento economico.

Risponde sul sito la direzione del giornale: “Se ogni singolo cittadino, consigliere, politico, associazione, sindacato, movimento, gruppo, istituzione, cda, ente, amministratore, artista, scrittore, cantante, pittore, che dopo aver mandato a vario titolo un comunicato, riflessione, foto, recensione, documento, dichiarazione, alla redazione di un giornale e non vedendolo pubblicato decidesse di citare in giudizio il giornale per violazione dell’art. 21, sarebbe la fine della libertà di stampa e della nostra professione. Rivendichiamo – scrive Brancato – il diritto a decidere cosa pubblicare e cosa no, ad approfondire o meno quel che ci arriva in redazione, tagliare parti irrilevanti, insomma decidere o meno se cestinare o meno, o non fare il copia incolla”. Per Brancato “la vicenda non è soltanto assurda, ma rischia di diventare un pericoloso precedente per la libertà di stampa”.

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