Inchiesta sull'Edilizia privata| Controlli a tappeto sulle licenze - Live Sicilia

Inchiesta sull’Edilizia privata| Controlli a tappeto sulle licenze

Ecco cosa scriveva un giudice. I comuni interessi di Li Castri e Seminerio

PALERMO – Non solo le grandi lottizzazioni. Ogni concessione edilizia, anche le più piccole, dovranno essere passate al setaccio dalla Procura della Repubblica. Sarà un lavoro lungo, ma necessario. C’è un episodio apparentemente minore che farebbe emergere quanto radicato fosse il sistema che finanzieri e carabinieri avrebbero scoperchiato, arrestando sette persone.

Durissima tra l’altro era stata la motivazione della sentenza con cui due anni fa il giudice Marina Petruzzella aveva condannato gli imputati per la lottizzazione abusiva di via Miseno, a Mondello. Due anni ciascuno di carcere erano stati inflitti anche ai funzionari comunali Mario Li Castri e Giuseppe Monteleone, proprietari di due delle ville ritenute irregolari, e ora indagati per corruzione.

Se a Mondello è stata compiuta una lottizzazione abusiva, e il Tribunale ne era convinto, il Comune nulla aveva fatto per fermarla. Al contrario con la sua “acquiescenza deliberata” aveva favorito gli abusi edilizi in via Miseno.

Da un lato il Comune aveva incassato una provvisionale da 500 mila euro per i danni subiti, dall’altro veniva pesantemente bacchettato. Il giudice aveva anche ordinato la confisca delle ville e inviato gli atti alla Procura affinché indagasse sulle “protratte omissioni dell’ufficio tecnico del Comune di Palermo e della Soprintendenza, con riguardo ai provvedimenti sanzionatori e ripristinatori del territorio omessi”.

“Non può non rilevarsi che se tutto ciò accadde – si leggeva nella motivazione scritta dal presidente Petruzzella – fu anche dovuto alle responsabili omissioni dei capi dell’amministrazione comunale, vale a dire dei sindaci, ma anche degli assessori all’urbanistica e dei dirigenti responsabili dell’ufficio tecnico”.

Secondo l’accusa, per costruire le ville si sarebbe dovuta seguire la procedura del piano particolareggiato che, a garanzia dei vincoli paesaggistici, prevede un passaggio in Consiglio comunale. Ed invece, per snellire le pratiche, sarebbe stata sfruttata una circolare, la Schemmari, firmata nel 2006 a poche settimane della richiesta di concessione edilizia e ratificata dal Consiglio comunale. La circolare avrebbe aperto una maglia, consentendo di costruire in deroga al piano regolatore, bypassando la necessità di un piano particolareggiato con un planivolumetrico dall’iter molto più snello.

Petruzzella non è stata l’unica a mettere nero su bianco le irregolarità e a sollecitare le indagini della Procura. Anche il giudice monocratico Giuseppe Marrone si era occupato di un caso edilizio, condannando nel giugno scorso a 10 mesi ciascuno tre imputati per aver costruito in violazione delle norme, nella zona di Baida. Si trattava dell’architetto Fabio Seminero, anche lui coinvolto nel blitz, e due soci della Tava srl una delle imprese sequestrate dai carabinieri nel 2016 al costruttore vicino alla mafia e oggi pentito Filippo Bisconti. In appello è intervenuta per tutti la prescrizione, ma i fatti restano.

La vicenda ha inizio nel 2013 con l’accertamento della polizia municipale in via Convento di Baida. Invece di villette, come da piano regolatore, la Tava aveva costruito un fabbricato su quattro livelli per realizzare un edificio residenziale di sei unità immobiliari. Il cantiere fu prima sequestrato e poi dissequestrato.

Leggendo il cartello apposto fuori dal cantiere su un terreno di una persona oggi defunta si legge che “il coordinatore della sicurezza in fase di esecuzione e progettazione” era l’architetto Li Castri. Eppure Li Castri (leggi l’articolo) non ha mai denunciato di essere in conflitto di interessi per via dei rapporti di lavoro con Seminerio.

Il giudice Marrone descriveva “il maldestro tentativo di camuffare i nuovi volumi e le nuove superfici inizialmente come volumi tecnici e poi opere di tamponamento e contenimento dimostra tutta la consapevolezza degli stessi di aver creato un ‘mostro’ cemento che andava in ogni modo ‘purgato’ dapprima attraverso la presentazione di un progetto di variante in corso d’opera , che veniva ‘inspiegabilmente approvata’, senza alcun controllo effettivo della consistenza delle opere, e poi successivamente all’accertamento dell’abuso da parte della polizia giudiziaria con la richiesta di accertamento di conformità che, solo in extremis è stata negata”.

Infine la trasmissione degli atti alla Procura: “Andrebbe, quindi, accertato dalla locale Procura come si è potuto arrivare alla concessione assentita, al fine di verificare se vi fosse una prassi in uso ( o forse un sistema collaudato di favori) presso gli uffici tecnici di Palermo per agevolare il rilascio di concessioni a determinate società anche in assenza del rispetto del parametri previsti dal Piano regolatore. Se così fosse accertato si configurerebbero varie e ben più gravi ipotesi di reato”.

E sono le ipotesi che hanno scoperto il procuratore aggiunto Sergio Demontis e i sostituti procuratori Giovanni Antoci e Andrea Fusco (leggi l’articolo).

 


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