La febbre, il ricovero, le terapie| "E' terribile, state a casa" - Live Sicilia

La febbre, il ricovero, le terapie| “E’ terribile, state a casa”

L'ospedale di Magenta (Mi)

La testimonianza di un siciliano ammalatosi in Lombardia: "Un'influenza? Macché, è pericolosissimo".

Coronavirus, il racconto
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“Una banale influenza? È una boiata. Il Covid-19 è pericolosissimo, non esistono difese. Vi prego: state a casa”. Quando pronuncia queste parole, Marco, ricoverato in ospedale, si affatica, la voce esita. Sta meglio adesso, sembra che il peggio sia passato. Dopo cinque o sei giorni in ospedale (“Non lo so più, ho perso il conto”), la febbre finalmente se n’è andata. Marco è un siciliano che ha preso il maledetto virus. Lì, nella Lombardia flagellata dal Covid-19, dove vive e lavora da molti anni.

Tutto è cominciato con una febbre che non andava via, racconta Marco, 45 anni, sceneggiatore di Palermo. “Una febbre che scendeva un po’ e poi saliva sempre a 39,4 – racconta -. Ero distrutto. Il mio medico di base ha detto a mia moglie che dovevo essere portato in ospedale. La persona che mi ha preso, gentilissima, sembrava uscita da un film di fantascienza per come era ‘bardata’. Mi hanno portato in ambulanza. Mi hanno fatto le lastre ed è emersa una polmonite. La mia famiglia è in quarantena”.

Inizia così il ricovero, all’ospedale di Magenta, in provincia di Milano. “Mi hanno somministrato una terapia e poi il casco, che attualmente è l’unico vero presidio che c’è – racconta -. È un casco trasparente che ti mettono in testa, te lo chiudono e senti solo l’ossigeno, sei isolato da tutto. Lo tenevo per dieci-undici ore, c’era da impazzire, terribile. Nella mia stanza c’è un signore che lo tiene 24 ore su 24”.

Le terapie hanno dato buon esito. Oggi Marco è senza febbre e non ha il casco addosso. “Quando sento le persone che parlano di una banale influenza, mi agito, è una boiata, non è vero niente. Il Covid-19 è pericolosissimo, non esistono difese – dice mentre la voce si affatica -. Ci sono dei farmaci sperimentali che ti danno”.

Paura, tanta. E come potrebbe essere altrimenti? “All’inizio ero preoccupato, non avrei mai pensato alla polmonite – racconta -. Sono stato trattato benissimo, mi commuovo al pensiero, abbraccerei ogni infermiera che ha passato cinque minuti accanto a me, mi hanno salvato la vita. Mi sento miracolato. In quel momento ti passano tante cose per la testa, pensi a tua moglie, a tuo figlio, a tante cose che vorresti fare. Ora sto meglio, i medici sono molto contenti dei progressi, ho trovato personale medico straordinario”.

Eppure, lì fuori c’è chi ancora sembra non aver capito cosa si rischia, qual p la posta in palio. E a loro si rivolge Marco: “Bisogna limitare il più possibile le uscite, il più possibile i contatti, perché il contagio è repentino. E c’è gente che non ha sintomi che contagia, come i birilli in una partita di bowling. Il miglior modo di non prenderlo è stare a casa”.

 


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