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LiveSicilia.it / Archivio / Che numeri aspettiamo per poter riaprire qualcosa?

Che numeri aspettiamo
per poter riaprire qualcosa?

Il lockdown, la situazione della Sicilia e l'avvio della fase 2.

Coronavirus
di Salvo Toscano
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In Sicilia i numeri del contagio da Covid-19 appaiono confortanti. Ieri i tamponi hanno rilevato solo una trentina di nuovi casi, una quarantina oggi. L’incidenza dei contagiati sulla popolazione è bassissimo, una delle più basse d’Italia. I dati dei ricoveri e dei posti occupati in terapia intensiva sono buoni. Insomma, fin qui all’Isola è andata meglio che altrove. Ed è evidente che il lockdown, intervenuto quando ancora la diffusione del Coronavirus era allo stato iniziale, sia stato provvidenziale. Così come probabilmente hanno giovato le misure più stringenti che hanno limitato ingressi e uscite in Sicilia. Ora, però, da più parti, dalle categorie produttive alla politica, si fanno sentire voci per allentare la morsa. E le richieste non sembrano peregrine.

Intendiamoci, la chiusura di queste settimane, dolorosa, foriera di effetti devastanti per un’economia che era già boccheggiante nell’Isola, è stata un male necessario per le ragioni sanitarie che ormai anche i bambini conoscono. In assenza di quelle strategie utilizzate con successo in Asia, dalla Corea a Taiwan, per tracciare il virus attraverso la tecnologia evitando il lockdown, c’era da ingoiare il rospo. I siciliani lo hanno fatto come lo stanno facendo gli altri in quasi tutto il mondo occidentale.

Ma nelle lunghe settimane trascorsi chiusi a casa, abbiamo tutti letto abbastanza da esserci fatti un’idea precisa: il virus non si potrà azzerare. L’unica cosa da fare è rallentarne per quanto possibile il contagio. E quindi, anche quando il lockdown a livello nazionale sarà revocato, si dovranno adottare, lo abbiamo ormai tutti ben chiaro, una serie di misure di contenimento che cambieranno sensibilmente la nostra quotidianità. Perché il virus in qualche misura circolerà ancora.

La domanda a questo punto, e di domanda sincera si tratta non certo di provocazione, è: quali numeri consentono di riaprire, seppur con tutte le cautele del caso, per limitare gli effetti devastanti sull’economia del lockdown? A che numero di contagi quotidiani, di ricoveri e di posti di terapia intensiva occupati si potrà permettere alla gente di tornare a lavorare? Perché, se è vero che le regioni del Nord più colpite dalla pandemia hanno ancora numeri importanti, ci sono altre parti d’Italia al Sud che hanno ormai numeri accertati molto molto bassi. La Sicilia, ma anche ad esempio il Molise e la Basilicata, dove ormai non si trovano più nuovi contagiati o quasi. E allora, per quanto ha senso mantenere ancora la chiusura totale in queste zone? Dobbiamo aspettare che i contagi arrivino a zero o non è necessario?

È una domanda, che richiede una risposta sia dalla scienza sia dalla politica. Soprattutto se rispondesse al vero la possibilità che il governo nazionale voglia proseguire il lockdown anche dopo il fatidico 3 maggio, come indiscrezioni di stampa riportano. Sarebbe una misura proporzionata alla situazione epidemiologica della Sicilia? È chiaro, con la salute non si scherza, la fretta non è una buona consigliera, ma è vero anche che la Sicilia si avvia a perdere tra 5 e 10 miliardi quest’anno, secondo le proiezioni Cerved, e due o tre settimane di chiusura in più o in meno si traducono in soldi, tanti soldi, che vanno in fumo in una regione già povera e disperata prima della crisi.

Oggi un gruppo di parlamentari regionali ha sollecitato la possibilità di riaprire da subito una serie di attività “che non richiedono assembramenti né spostamenti significativi”. Non si tratta di una fine del lockdown ma solo di una serie di limitate e parziali deroghe, analoghe a quelle che hanno permesso di riaprire librerie e cartolerie (e forse anche più ragionevoli). Altri parlamentari hanno chiesto di allentare le misure più restrittive adottate dal governo come il divieto di domicili e la chiusura nei festivi. Proposte che ovviamente dovranno passare al vaglio del parere degli scienziati ma che appaiono di buon senso anche alla luce dei trend degli ultimi giorni. Magari proseguendo con le limitazioni alla circolazione da e per la Sicilia, mantenendo questa ideale recinzione di salvaguardia all’Isola per tutto il tempo che ci vorrà. E ovviamente imponendo misure di sicurezza stringenti, tutte quelle possibili, per rendere la vita più difficile al virus. Ma facendo un passo verso una prima ripresa delle attività senza dover per questo aspettare che si svuotino le terapie intensive della Lombardia in cui la tragedia ha ben altre dimensioni. È ora che qualcuno, a Roma o a Palermo, ci dica che numeri aspettiamo per farlo.

 

Pubblicato il 16 Aprile 2020, 18:06
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Commenti
  1. gaspare 9 mesi fa

    Nonostante tutto quello che possiamo dire della Sicilia e dei suoi abitanti, dobbiamo pur cominciare ad evitare di essere sempre molto critici con le nostre amministrazioni e con i nostri politici. La sanità pubblica, e speriamo che diventi statale e non più regionale, ha dimostrato che la nostra isola ha saputo arginare il diffondersi del virus e l’ha fatto senza creare stupidi allarmismi o sciocche propensioni ad accuse pesanti e senza scrupoli come fanno spesso i figli del capitano.

    Rispondi
  2. Pinuccio 9 mesi fa

    E’ chiaro che le imprese stanno soffrendo, ma credo che ne sia valsa la pena e ne varrà la pena se continuiamo, perché se in Sicilia abbiamo contenuto l’espansione del virus non l’abbiamo certo sconfitto, ne ancora ridotto nei numeri, ne tantomeno abbiamo raggiunto quella fantomatica indennità di gregge necessaria per ritenerci immunizzati, ne infine abbiamo ancora disponibile un vaccino.
    Quindi riapriamo tutto solo perché i reparti di terapia intensiva si sono un po’ alleggeriti, così potrà essere contagiata altra popolazione e lasciare morire ancora degli anziani o perché vogliamo illuderci che non sia successo niente e da domani possiamo andare tutti insieme allegramente a tarallucci e vino ?

    Rispondi
  3. Cyrano 9 mesi fa

    Credo sia giunto il momento di convivere con il virus, così come con altre patologie di cui ancora non si è scoperto il rimedio definitivo.

    Rispondi
  4. alfredo 9 mesi fa

    Forse si potrebbe fare come in Veneto.
    Autorizzare il trasferimento da una città ad un altra -da un’abitazione ad un altra- ai soli PROPRIETARI.
    Non è assolutamente un invito ai “liberi tutti”.
    Quello ce lo dovranno dire gli esperti.
    Controlli per verificare che non si spostino le tribù di pastacolforno.
    Se una famiglia sta chiusa in casa a Trapani oppure a Messina cosa cambia?

    Rispondi
  5. flavia 9 mesi fa

    Ma siete matti. Qua se riapriamo moriamo tutti. Prima la vita che è sempre bella.

    Rispondi

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