Fucilate tra gli agrumeti Il film dell'orrore in aula LiveSicilia.it

Fucilate tra gli agrumeti |Il film dell’orrore in aula

Non sono mancate le tensioni durante l'udienza. A settembre saranno ascoltati i consulenti. Nel fascicolo è finita un'importante relazione.
L'INCIDENTE PROBATORIO
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Non sono mancati i momenti di tensione nel corso dell’incidente probatorio fissato per ‘cristallizzare’ la testimonianza di Gaetano Signorelli, l’unico sopravvissuto alle fucilate avvenute una notte di febbraio in contrada Xirumi a Lentini. In quel conflitto a fuoco, invece, sono rimasti uccisi Massimo Casella e Agatino Saraniti.

Un duplice omicidio che vede sotto accusa Giuseppe Sallemi e Luciano Giamallaro, entrambi in carcere. All’esame di Signorelli era presente solo il secondo indagato: ed è a lui che sono arrivati gli sfoghi e le urla dei parenti di Saraniti, il 19enne colpito a distanza ravvicinata. Quasi un’esecuzione. Il gip ha dovuto fare allontanare i familiari per permettere l’inizio dell’udienza che è durata quasi cinque ore: dalle 9,30 alle 14.00. 

Signorelli ha raccontato in aula i vari momenti di quella notte dell’orrore. Sarebbero andati lì a rubare arance, quando si sono accorti che li stavano inseguendo. In un primo momento è partita la fuga e poi si sono fermati quando hanno trovato il cancello chiuso. A quel punto avrebbero deciso di affrontare la questione e risolverla parlando.

Secondo la ricostruzione di Signorelli, Sallemi sarebbe sceso dall’auto armato di fucile e quasi subito avrebbe iniziato a sparare, il primo ad essere colpito sarebbe stato lui, poi Casella. Mentre fuggiva avrebbe visto Agatino correre pregando l’anziano Giammellaro che era con il guardiano Sallemi di non sparare. Poi da lontano avrebbe sentito il rumore secco della fucilata. Poi ricorda le chiamate per farsi venire a prendere e poi la corsa in ospedale dove si è risvegliato.

Un particolare che è emerso durante l’esame, ma già evidenziato nel corso delle indagini, è la presenza del figlio di Giammellaro sulla scena del crimine. Sarebbe arrivato con la sua auto vicino alla sbarra del cancello. E poi al primo sparo, forse spaventato, sarebbe scappato. Questa almeno il ricordo di Signorelli.

Smentito dal teste qualsiasi contatto precedente con i guardiani. La conoscenza sarebbe dovuta solo a qualche incontro sporadico. Sallemi ha sempre confessato i fatti, parlando però di legittima difesa dopo un’aggressione subita. Giammellaro, invece, continua a professarsi innocente. Era presente ma non ha imbracciato il fucile. E sparato. 

Maggiori dettagli potranno arrivare dal prossimo incidente probatorio che si svolgerà a settembre, in cui saranno ascoltati dalle parti il consulente balistico e il medico legale per la relazione sull’esame autoptico. 

È entrata nel fascicolo dell’inchiesta, coordinata dalla Procura di Siracusa e condotta dalla Squadra Mobile aretusea, una relazione di 70 pagine che analizza attraverso i segnali del satellite in dotazione nella vettura in uso a Giuseppe Sallemi i movimenti svolti i giorni prima dell’omicidio e quelli della sparatoria. Una ricostruzione molto articolata quella degli investigatori che è stata incrociata anche con i tabulati telefonici e gli stralci di interrogatorio dei protagonisti.

C’è un particolare che emerge: la sera delle fucilate, Luciano Giammelllaro ha trascorso diverso tempo nel bar di un’area di servizio della Catania-Gela. E da alcuni racconti dei familiari pare che il titolare del caffè, la mattina dopo, quando i parenti erano intenti a cercare tracce dei loro congiunti non tornati a casa si trovasse proprio nei luoghi dove dopo ore di ricerche sono stati trovati i corpi senza vita di Casella e Saraniti.

Una vicenda che per quanto ormai a un passo dal processo sempre presentare molti punti ancora poco chiari. Qualche luce nei punti bui potrebbe arrivare dalla trascrizione di alcune intercettazioni ambientali. 

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