Il corpicino dilaniato tra le sterpaglie: Gioele, il dolore e i perché

Il corpicino dilaniato tra le sterpaglie | Gioele, il dolore e i perché

Il ritrovamento dell'ex carabiniere, le lacrime di papà Daniele e una dinamica ancora da ricostruire.

CARONIA (MESSINA) – “Trovarlo è stato un dono di Dio”, dice Giuseppe Di Bello, il carabiniere in congedo di Capo d’Orlando che ha trovato le tracce che hanno poi condotto fino al corpicino del piccolo Gioele. E’ Dio, per chi crede, che bisogna invocare per cercare un conforto che oggi appare impossibile.
In mezzo al bosco la realtà stamani si è fatta macabra.
Da quando Di Bello ha urlato di avere visto qualcosa, è stata un’escalation di emozioni forti fino al crollo della speranza di trovare Gioele vivo. Una speranza che, irrazionalmente ma doverosamente, è stata coltivata per giorni.

Il corpicino tra le sterpaglie

Quel che resta del piccolo Gioele, di cui non c’era ormai traccia da 15 giorni, giaceva fra le sterpaglie. La cronaca è di quelle che si fatica a raccontare.
Il busto del corpicino da una parte, brandelli di indumenti e le scarpette da un’altra, la testa qualche decina di metri più avanti, a qualche centinaio di metri di distanza in linea d’aria dal traliccio sotto il quale è stato ritrovato il corpo della madre Viviana Parisi.

I due punti sembrano vicini, ma in realtà non lo sono e, soprattutto, per raggiungere il traliccio Viviana dovrebbe avere ripetuto al contrario lo stesso percorso seguito dal momento in cui è stata vista allontanarsi dalla autostrada Messina-Palermo subito dopo l’incidente e poi imboccare una trazzera. C’è un buco non lontano dal luogo in cui c’erano i resti del bambino, forse era la tana di un animale selvatico che ha dilaniato Gioele. Non resta che pregare che almeno questo non sia accaduto.

Cosa è accaduto?

Dalla strada che conduce al bosco si vede il mare. Calmo e di un blu intenso. In lontananza, le Eolie. Dovrebbe essere un posto per fermarsi e meditare. Oggi è il luogo delle domande che scuotono gli animi: cosa è realmente accaduto e perché?
Il procuratore di Patti Angelo Cavallo, che coordina le indagini, spiega che il lavoro degli investigatori non è ancora terminato. Ci sono due vittime da piangere: la madre Viviana Parisi, 43 anni, trovata morta lo scorso 8 agosto e il figlio Gioele, che di anni ne aveva appena quattro. Manca ancora qualche formalità di rito prima di dire con definitiva certezza che si tratta di Gioele. Non è ipotizzabile però il contrario. Il primo a non crederci è il papà Daniele che, quando poliziotti carabinieri e vigili del fuoco risalgono da un sentiero impervio con i resti dentro la bara, si piega per baciare suo figlio.

La dinamica da ricostruire

Due vittime da piangere e una dinamica ancora da ricostruire. È stata Viviana a uccidere Gioele per poi togliersi la vita come sembrano ritenere con maggiore convinzione di inquirenti? Ha abbandonato il bimbo quando era ancora vivo? Si è forse distratta e lo ha perso di vista fino a scomparire tra gli alberi?
Ai cronisti che chiedono al procuratore di Patti come mai sia stato un volontario a trovare il resti del bimbo nonostante fosse non distante dal punto in cui Viviana è stata vista per l’ultima volta allontanarsi il 3 agosto con in braccio il bambino, Cavallo risponde tagliando corto: non importa chi lo abbia trovato, siamo nella zona dove sin dal primo momento sono state concentrate le ricerche. Non è il momento delle polemiche, ma solo quello del dolore. Un dolore che solo Dio, per chi crede, può lenire.


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