Comune, stop alle spese La mannaia dei Revisori

Comune, stop alle spese| La mannaia dei Revisori

Giudizio negativo sul rendiconto 2019: "Rischio default"

PALERMO – Stop alle spese, sia correnti che in conto capitale, e stop anche a nuovi debiti. L’imperativo è categorico e arriva dal Collegio dei Revisori dei conti del comune di Palermo: una mannaia sulle uscite messa in calce alla relazione sul rendiconto 2019 della quinta città d’Italia, esitato dalla giunta e che ora andrà a Sala delle Lapidi. Oltre 70 pagine che passano in rassegna lo stato di salute dell’ente e che si concludono con un giudizio negativo e una sfilza di prescrizioni, con il rischio di “un default quasi ineluttabile”.

La prescrizione più dirompente è lasciata all’ultimo, sottolineata e in grassetto: “Si prescrive – si legge nel documento firmato da Sebastiano Orlando, Marcello Barbaro e Marzo Mazzurco – che, per ragioni di tutela degli equilibri di bilancio e per scongiurare profili di dissesto finanziario, l’ente si astenga dall’attivare nuove iniziative di spesa, siano esse imputate alla spesa corrente che a quella in conto capitale ovvero a nuovo indebitamento, salvo che le dette spese non siano strettamente obbligatorie o imposte da disposizioni di legge, ovvero strettamente necessarie ad evitare che all’ente sia scongiurato un danno patrimoniale grave e certo”. Insomma, blocco della spesa non indispensabile.

Non è la prima volta che i Revisori impongono una misura del genere, ma il campanello d’allarme è suonato a piazza Pretoria e rischia di diventare l’ennesima occasione di scontro con l’amministrazione guidata dal sindaco Leoluca Orlando che, in questo momento, ha anche la delega ad interim del Bilancio. I numeri sono formalmente in ordine e i principi contabili sono stati tutti rispettati, ma secondo i Revisori ci sono “molteplici profili di rilevantissima criticità” che, se non risolti, potrebbero configurare il danno erariale e mandare in squilibrio i conti. I problemi principali sono due: le società partecipate, Amat in testa, e il Fondo crediti di dubbia esigibilità, a cui aggiungere debiti fuori bilancio e anticipazioni di tesoreria.

Lo stop alla spesa lega le mani al Comune, anche se non è ancora chiaro da quando scatterà; l’unica cosa certa è che il Professore non sembra averla presa bene, malgrado le dichiarazioni di circostanza. “Ho chiesto al Ragioniere Generale una relazione per la giunta e per il consiglio comunale con sue ‘controdeduzioni’ e valutazioni sulle conseguenze di quanto affermato dai Revisori – commenta il sindaco Orlando – Su alcune cifre, peraltro ben note, relative all’evasione fiscale e al mancato pagamento delle multe elevate dalla Polizia municipale, vi è la conferma dell’inadeguatezza dell’attuale sistema gestito a livello regionale da Riscossione Sicilia. Un problema che colpisce tutti i comuni e che, intrecciandosi con le assurde norme sugli accantonamenti, sta diventando una vera e propria bomba ad orologeria suo conti degli enti locali. E lo stesso tema dell’evasione richiama ancora una volta la responsabilità del consiglio comunale, cui ancora nuovamente non possiamo che sollecitare la discussione e il voto del nuovo regolamento”.

Amat

Uno dei nodi irrisolti è quello delle società partecipate. Perché nonostante lo stralcio dei crediti, costato milioni, il rapporto col Comune “continua a costituire una causa di gravissima criticità – si legge nella relazione – con pesanti ripercussioni sugli equilibri economico-finanziari dell’ente”, tanto da far rischiare il dissesto. Al 2019 Palazzo delle Aquile ha dovuto accantonare quasi 79 milioni, a cui aggiungerne altri 46 per “mancata conciliazione”: in tutto 125 milioni, quasi 50 in più rispetto all’anno precedente. Un dato che i Revisori definiscono “abnorme” e che rappresenta “una gravissima irregolarità contabile che, sicuramente, sarà ritenuta dalla Corte dei Conti particolarmente pericolosa per gli equilibri di bilancio”. Insomma, la scure della magistratura contabile potrebbe essere dietro l’angolo dal momento che l’accantonamento “ha assorbito risorse finanziarie che avrebbero potuto essere destinate al miglioramento della parte disponibile del risultato di amministrazione, riducendone il deficit registrato al 2019 pari ad 635 milioni”.

La nota dolente però è soprattutto l’Amat: i Revisori, il cui ruolo viene definito “centrale” per arginare i disallineamenti, non sono riusciti ad asseverare, neanche in modo unilaterale, debiti e crediti con l’azienda che non ha ancora approvato il bilancio 2019, né ha trasmesso quantomeno lo schema. Amat, dicono ancora i Revisori, “è una società strutturalmente deficitaria” perché dal 2007 al 2018 ha accumulato perdite per quasi 96 milioni e ha per giunta fatto richiesto al Comune, con tanto di diffida legale, 121 milioni a cui se ne sono aggiunti (proprio lo scorso 7 settembre) altri cinque. Un contenzioso dal “valore abnorme” rispetto al quale “al netto delle controdeduzioni fornite dalla Ragioneria Generale, non risulta al collegio che gli uffici competenti abbiano promosso appropriate iniziative a tutela dell’ente”.

Fondo crediti

L’altra emergenza è legata al Fondo crediti di dubbia esigibilità, ossia quel calderone in cui finiscono milioni e milioni di euro per coprire le entrate che sono considerate incerte già in partenza. Il problema è che il comune di Palermo, come altri enti locali, ha optato per un metodo di calcolo diverso da quello ordinario: cosa prevista dalla legge, ma che non ha spalmato in modo uniforme la somma necessaria. Nel 2019 il Comune ha messo da parte 128 milioni, a cui ne ha aggiunti altri 47: ne mancano all’appello altri 307 che vanno trovati nei prossimi 15 anni, al ritmo di 20,5 l’anno che dovranno essere strutturali. Un’ipoteca pesantissima sui prossimi sindaci.

Debiti e tasse

Da questo punto di vista, niente di nuovo: il comune di Palermo incassa pochissimo, ma in compenso crea sempre debiti fuori bilancio, anche se in misura minore rispetto al passato. Un fenomeno ormai patologico che i Revisori attribuiscono “alla incapacità di porre in essere una corretta programmazione e gestione finanziaria delle risorse, come una possibile sottostima degli stanziamenti di bilancio rispetto alle effettive necessità”. Tant’è che nel 2020 continuano a fioccare proposte di riconoscimento dei debiti e i Revisori hanno pensato anche a una misura shock: accollare le somme ai singoli dirigenti, qualora questi non segnalino il nuovo debito entro 60 giorni.

Per quanto riguarda le tasse, il mancato incasso comporta il ricorso sempre più frequente all’anticipazione di tesoreria su cui comunque si pagano gli interessi. Anche perché, ricorda la relazione, l’anticipazione non dovrebbe servire a coprire i buchi ma solo ad anticipare somme che arriveranno più lentamente. E se è vero che il Comune paga più velocemente i creditori (dai 98 giorni del 2018 ai 50 del 2019), è altrettanto vero che l’ente deve incassare di più per evitare “un default quasi ineluttabile”.


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