Il naufragio, la morte e la bara: in memoria di un bambino

Il naufragio, la morte e la bara: in memoria di un bambino

Il piccolo adesso riposa in una bara bianca, non più nel feretro per adulti della foto nell’obitorio di Lampedusa.
LA PICCOLA VITTIMA
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PALERMO- Il piccolo Yusuf, morto per mare, a sei mesi, adesso riposa in una bara bianca, non più nel feretro per adulti della foto nell’obitorio di Lampedusa, ma questo non diminuisce l’indicibile. E’ arrivata una bara del colore dell’innocenza, il bianco. Il colore della vita che è stata strappata via prima di confondersi con la vita stessa. Questo piccolo uomo inghiottito dalla notte di un naufragio, mentre era appena all’alba, ha forse lasciato un segno e, per un certo tempo, non verrà dimenticato. Anche tante parole disumane sulle persone migranti si sono fatte da parte, per una volta. Abbiamo bisogno di sentirci migliori, o un po’ meno colpevoli, quando muore un bambino.

Il racconto del sindaco Martello

Il sindaco di Lampedusa, Totò Martello, ha parlato a lungo con Hajay, la mamma, cioè la giovane donna che, in un video, invoca il figlio ormai perduto. E’ un lupo di mare generoso, ma con la pelle coriacea, Totò. Uno abituato a reggere il carico nelle occasioni pesanti, perché la vita è come il mare e non puoi sapere se domani sarai il pesce o il pescatore. Eppure, stavolta, i sentimenti, tra rabbia e commozione, sommergono il resto, oltrepassando la corazza di dolore e sale: “Non ne possiamo più di seppellire persone – dice il sindaco Martello –. Siamo stanchi di vedere la gente che muore. La comunità, e non solo, è molto colpita. Un’eguale sensibilità dovrebbe avere l’Unione Europea, altrimenti tragedie del genere continueranno e verseremo ancora le nostre lacrime”.
“Sì, ho parlato con la mamma – continua Totò -. Abbiamo fatto arrivare una bara bianca, domani ci sarà il seppellimento al cimitero di Lampedusa. Questo bimbo, almeno, sarà sepolto, a differenza degli altri, con un nome e un cognome. C’è una scena che non dimenticherò, mentre parlavamo, lei si è messa a terra ed è rimasta lì, per il dolore insopportabile”. Sono storie di corpi. Ci sono corpi che finiscono in mare. Ci sono corpi che cercano la terra come ultimo approdo.

“Nei tuoi sei mesi..”

“Caro Youssef, nei tuoi sei mesi di vita, niente avesti da bambino, né una culla, né giochi, né serenità o pace. Ora da bambino non hai nemmeno la bara. Sei mesi e mai hai potuto essere bambino, come la tua mamma giovanissima e già al colmo del dolore. Noi oggi e sempre, qui, siamo la tua famiglia. Ci vediamo in cielo dove saremo bambini per sempre”.
Così, prima che fosse recapitato il candido feretro, ha scritto sulla sua pagina Facebook don Carmelo La Magra, il parroco di Lampedusa. Laggiù, nell’isola, Yusuf riposerà per sempre, con il suo nome e il suo cognome. L’unico segno del suo brevissimo passaggio. Era un bambino.


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