Confiscati i supermercati GM: obbligo di dimora per Guglielmino - Live Sicilia

Confiscati i supermercati GM: obbligo di dimora per Guglielmino

"Vicino ai Cappello", dicono gli investigatori. I difensori hanno impugnato il decreto.
INDAGINE DELLA POLIZIA
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CATANIA – Confiscati i supermercati del gruppo GM riconducibili a Michele Guglielmino. È arrivata la sentenza di primo grado del Tribunale Misure di Prevenzione che ha chiuso così il procedimento scattato dopo il sequestro disposto a seguito di una complessa e delicata indagine del pool della Questura composta da poliziotti dell’Anticrimine e della Squadra Mobile che lavorano per l’aggressione dei patrimoni illeciti.

Per gli investigatori Michele Guglielmino è un soggetto che “orbita nell’area di influenza della cosca Cappello”. La confisca riguarda “due società di capitali comprendenti dodici supermercati della catena “G.M.”, un’impresa individuale comprendente un distributore di carburanti, sette immobili (terreni e fabbricati), cinque veicoli e numerosi conti correnti”. Gli investigatori stimano il “tesoro” confiscato nel valore di circa 31 milioni di euro. 

Non solo una misura patrimoniale, ma anche personale. Il Tribunale ha infatti disposto nei confronti di Michele Guglielmino la sorveglianza speciale con l’obbligo di soggiorno nel comune di residenza per la durata di tre anni.

Il patrimonio oggetto della conquista – come detto – è frutto di un provvedimento già eseguito dalla Questura nel 2018. La proposta di sequestro era arrivata al Tribunale dal Questore in sinergia con la Procura di Catania, che nel corso del procedimento di prevenzione ha insistito nella confisca dei beni.

La ‘vicinanza’ ai Cappello ha già procurato diversi problemi con la giustizia a Michele Guglielmino, inteso “Michele da Gesa”. Tra le sue condanne – elencano gli investigatori della polizia – quella nel traffico degli stupefacenti. Come per i processi scaturiti dalle indagini Clapton del 2006 e Night life del 2007.

Alcuni collaboratori di giustizia hanno evidenziato la capacità di Guglielmino “di inserirsi nel mercato della grande distribuzione di generi alimentari, reimpiegando il denaro, provento delle attività illecite, nell’acquisto di beni e nella costituzione di numerosi supermercati e attività commerciali”.

Guglielmino, secondo il ritratto fornito dalla polizia, sarebbe stato molto vicino a Angelo Cacisi, vertice del clan Cappello, che avrebbe “favorito durante la latitanza”.

Il processo Ramazza, in cui è stato coinvolto nel 2004, è finito con un’assoluzione dall’accusa di associazione mafiosa Michele Guglielmino.

Le indagini patrimoniali hanno documentato “la sproporzione – scrivono gli investigatori – tra i redditi formalmente dichiarati ed i beni immobili, mobili registrati e le società acquisite e realizzate dallo stesso, di cui aveva la disponibilità diretta e indiretta, anche attraverso l’interposizione di soggetti terzi a lui riconducibili”.

Il decreto di confisca è stata già impugnato dalla difesa di Guglielmino. “Le sentenze si rispettano – commentano il professor Giovanni Grasso e l’avvocato Salvatore Cannata – anche se non si condividono come in questo caso. Come difesa siamo rimasti sorpresi della decisione avendo l’oggettiva convinzione di aver dimostrato la provenienza lecita delle risorse che hanno permesso alla famiglia Guglielmino di costruire la loro impresa commerciale. Rimane la lotta impari che la difesa dei preposti e dei terzi interessati debbono fare in un procedimento di prevenzione, dove la legge é poco garantista e tutta sbilanciata a favore della pubblica accusa. A nostro avviso, in questo procedimento, é errata la conclusione a cui é giunto il Tribunale quando afferma che il signor Guglielmino sia vicino al gruppo mafioso dei Cappello, quando lo stesso non ha mai subito una condanna per tale reato, anzi, per tale reato, contestato nell’anno 2003, é stato assolto. Nel procedimento di prevenzione é addirittura emerso, al contrario, che lo stesso fu vittima ad opera dei soggetti appartenenti al gruppo Cappello di un furto di decine di migliaia di euro e di pressioni per poterlo avvicinare, vicenda assolutamente non valorizzata dal Tribunale e che come difesa ci lascia perplessi. Porteremo questi ed altri argomenti in appello – concludono i due difensori – dove speriamo che tutte le nostre ragioni siano accolte. Ci teniamo a sottolineare come l’attività commerciale continua ad operare, grazie all’ottimo lavoro svolto dagli Amministratori Giudiziari, prova, a nostro avviso, della liceità della stessa”.

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