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LiveSicilia.it / Economia / Il Covid lascia il Sud in ginocchio: “La ripresa sarà lenta in Sicilia”

Il Covid lascia il Sud in ginocchio: “La ripresa sarà lenta in Sicilia”

Luca Bianchi, presidente della Svimez, commenta il rapporto del 2020.
IL RAPPORTO SVIMEZ
di Roberta Fuschi
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La pandemia lascerà in ginocchio il Mezzogiorno. È la tragica previsione della Svimez. “La crisi seguita alla pandemia è stata un acceleratore di quei processi di ingiustizia sociale che ampliano le distanze tra cittadini e territori”, afferma la Svimez nel suo rapporto annuale, sottolineando che “la crisi si è scaricata quasi interamente sulle fasce più fragili dei lavoratori”. In termini metaforici il virus miete più vittime tra i soggetti in partenza più deboli: le classi sociali meno abbienti, le donne e i giovani e le regioni meridionali.

Sempre più a Sud

“La pandemia ha aumentato le disuguaglianze all’interno del Paese sia tra le famiglie (ricchi e poveri) sia tra territori (Nord e Sud). Se è vero che l’impatto economico complessivo è stato leggermente più forte al Nord che al Sud (secondo le nostre stime), in realtà l’impatto sociale è stato molto più forte al Sud”, commenta il presidente della Svimez, Luca Bianchi. “Questo si vede in termini di occupazione che fino all’estate 2019 è calata tre volte tanto nel Sud rispetto al resto del Paese. Noi stimiamo un calo dell’occupazione intorno alle 280000 unità nel Mezzogiorno pari a circa il 4%”, argomenta. All’interno di questa cornice, inevitabilmente, la fotografia siciliana scattata dalla Svimez è a tinte fosche. “Anche la Sicilia ha fatto registrare un calo dell’occupazione che potrebbe stimarsi intorno al 5% Questo perché ha riguardato soprattutto giovani e donne in quanto il settore più colpito è stato quello dei servizi che conta una maggiore presenza giovanile e femminile”. Si registra però un dato in controtendenza da tenere d’occhio. “Non abbiamo ancora i dati aggiornati all’effetto di agosto che potrebbe aver fatto segnare una leggera ripresa nelle regioni turistiche. In Sicilia abbiamo dati molto buoni sulle presenze turistiche”, spiega Bianchi. “L’unico dato positivo riguardo alla Sicilia riguarda la buona performance sulla stagione turistica”, continua. 

La desertificazione industriale: il tallone d’Achille della Sicilia

Il tallone d’Achille della regione siciliana si conferma il comparto industriale. I dati snocciolati nel rapporto relativi alle previsioni sul Prodotto interno lordo vanno letti inforcando le lenti della crisi economica e della desertificazione del settore. “Complessivamente il dato è molto pesante, ma soprattutto quello del 2020 si colloca in una dinamica fortemente negativa della regione e questo si vede anche nel Pil. Prevediamo nel 2020 che il Pil siciliano si riduca del 7%, un po’ meglio della media del Mezzogiorno che prederà il 9%, e soprattutto ci aspettiamo un rimbalzo nel 2012 meno positivo della Sicilia rispetto al resto del Paese: lo 0,7 rispetto all’1,2% del Sud”, spiega l’economista. I dati del rapporto parlano chiaro: la ripresa nel 2021 e nel 2022 sarà limitata al Centro-Nord, secondo la Svimez. Qui il Pil dovrebbe crescere del 4,5% nel 2021 e del 5,3% nell’anno successivo. Al Sud, invece, la crescita sarebbe solamente dell’1,2% e dell’1,4% e in Sicilia addirittura solo lo 0,7 l’anno prossimo. “Questo perché la Sicilia è la regione che nel precedente quadriennio ha perso più base produttiva”, conferma. Per inquadrare la situazione si deve necessariamente tornare indietro nel tempo. “Dopo la grande crisi del 2008/2013 la Sicilia non aveva ancora recuperato questi livelli: impatta la pandemia senza avere superato la crisi precedente”, spiega Bianchi. Meno aziende equivalgono a meno imprese in grado di ripartire una volta superato l’impasse. “La vera questione siciliana è la desertificazione industriale, la regione del Sud che ha perso più valore aggiunto industriale. Inoltre, si è indebolito complessivamente tutto il sistema manifatturiero”, argomenta sottolineando la debolezza di un territorio che vive prevalentemente di terziario. “Un’economia affidata soltanto al comparto dei servizi rischia di essere molto fragile davanti a fattori di crisi congiunturali, quindi la ripartenza diventa molto difficile”, afferma l’economista. 

Servizi essenziali: Mezzogiorno zona rossa prima della pandemia

“Il Mezzogiorno ha risentito di un disinvestimento nel corso degli ultimi anni: c’è stata una riduzione della spesa pubblica che ha penalizzato tutto il Sud e in maniera drammatica la Sicilia”. E le risorse centellinate non sono certo l’unica nota dolente. “La regione presenta indicatori in termini mobilità  e infrastrutture più bassi d’Europa”. A questo si deve sommare il gap in termini di “servizi essenziali” che nei fatti determina esistenze di serie a o di serie b. “Rispetto alla scuola, la Sicilia rimane la regione con il più basso tasso di offerta di tempo pieno per le scuole primarie, appena il 7,4% contro valori che si aggirano intorno al 20% nelle altre regioni del Mezzogiorno e si attestano oltre il 40% nel Nord del Paese”, spiega. “C’è un problema di indebolimento dello Stato e dei servii essenziali e questo lo abbiamo pagato nel caso della sanità”. “Tutti i nostri indicatori mostrano un’offerta di servizi sanitari molto al di sotto degli standard nazionali. Quello che diciamo nel rapporto è che le regioni del Mezzogiorno, come la Calabria e la Sicilia, erano zone rosse prima che arrivasse la pandemia”, argomenta. Il riferimento è alla “riduzione degli addetti e della spesa complessiva”. I livelli minimi di assistenza la Sicilia hanno un valore pari a 170 contro valori di 220 in Toscana e Lombardia: la capacità di offrire servizi era bassa anche prima che arrivasse la pandemia”, conferma. E le storie di vita quotidiana, del resto, lo certificano. “Del resto i cittadini che devono emigrare per farsi curare lo testimoniano da anni”, spiega Bianchi.

L’effetto del combinato disposto della situazione educativa e sanitaria si può riassumere nel titolo del libro, scritto a quattro mani da Luca Bianchi e Antonio Fraschilla: “Divario di cittadinanza”. Un testo che in tempi non sospetti individuava nella scuola e nella sanità le cartine al tornasole della nuova questione meridionale. 

La copertina del libro di Bianchi e Fraschilla

Che fare per cambiare la rotta?

Accantonando il celebre pessimismo della ragione, non resta che fare i conti con l’ottimismo della volontà per stravolgere la situazione. “Il governo ha messo un importante impegno nella risposta all’emergenza: le risorse messe a disposizione sono importanti e hanno in parte attenuato l’impatto sociale della crisi”, sostiene Bianchi che traccia la strada per la ripartenza. “Adesso serve un cambio di passo in termini di creazione di posti di lavoro cioè di rilancio del sistema produttivo e su questo una strategia ancora non emerge anche perché il rapporto conferma la Sicilia come una delle regioni con maggiori ritardi in termini di spesa dei fondi europei”, continua l’economista ed ex assessore regionale. 

In altri termini, serve affrontare di petto “la grande questione irrisolta” dell’isola che se da “un lato è svantaggiata in termini di risorse essenziali, dall’altro dimostra incapacità di spesa dei fondi aggiuntivi”. Una questione nella questione (meridionale). 

Pubblicato il 29 Novembre 2020, 13:2429 Novembre 2020, 17:37
3 Commenti Condividi
Commenti
  1. piragna 2 mesi fa

    Scusate ma la potenza di fuoco di Conte e del governo comunista e stallato dov’è??????????????????????

    Rispondi
    • Deunker 2 mesi fa

      “Questo perché la Sicilia è la regione che nel precedente quadriennio ha perso più base produttiva”

      Rispondi
  2. EllECi 2 mesi fa

    La ripresa sarebbe stata ugualmente lenta anche nel caso di un Boom economico senza precedenti. Una regione senza collegamenti stradali, marittimi e ferroviari moderni, senza una efficiente rete di connessioni e via discorrendo che ripresa vuole? E non parlo della qualità della classe dirigente, faccio il bravo. Intanto vi lascio continuare a polemizzare sulla qualunque solo per partito preso. Saluti.

    Rispondi

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