Le accuse del pentito Laudani: appello Viceré, richieste di pena - Live Sicilia

Le accuse del pentito Laudani: appello Viceré, richieste di pena

La requisitoria della pg Iole Boscarino.

CATANIA – Il teste chiave dell’intera inchiesta è stato riesaminato. Giuseppe Laudani, il rampollo della famiglia mafiosa di Catania, ha risposto alle domande della pg Iole Boscarino e le sue dichiarazioni sono diventate il ‘nucleo centrale’ della requisitoria. Il processo (ordinario) d’appello Viceré, scaturito dalla maxi inchiesta che nel 2016 fece scattare le manette a 109 indagati, è arrivato al punti di snodo. La magistrata ha analizzato con dovizia certosina i motivi d’appello degli imputati, alcuni dei quali superati – ad avviso della pg – proprio dal nuovo esame del collaboratore di giustizia. Ma Iole Boscarino ha analizzato anche i verbali di altri pentiti, già esaminati nel corso del dibattimento di primo grado, e alcune intercettazioni riguardanti le decine di estorsioni di cui a vario titolo gli imputati sono accusati.

Alla fine la pg ha formulato le richieste di pena. Molte – secondo la magistrata – sono da riformare e altre invece da confermare. La condanna più dura è quella chiesta nei confronti di Giovanni Alfino: 16 anni e 6 mesi di reclusione e 13.350 euro di multa (in riforma rispetto al primo grado). Iole Boscarino ha rimarcato le parole di Giuseppe Laudani esaminato a Bicocca: “Il collaboratore conosce Giovanni Alfino detto Giovanni Accaiù – spiega alla Corte – da quando era un bambino; nel 2004 il Laudani, dopo la sua scarcerazione, ritrova l’imputato che si era già affiliato nel 1998/99 entrando a pieno titolo nella famiglia Laudani. Poiché si era resa necessaria la riorganizzazione dei gruppi facenti capo alla famiglia che operavano nei diversi quartieri di Catania e nei paesi (che avevano manifestato la volontà di rendersi autonomi operando “nel nome della famiglia Laudani”), il Laudani pose a capo del gruppo del Canalicchio quale unico responsabile Alfino Giovanni (nel quale evidentemente riponeva massima fiducia), e come viceresponsabile Franco Cristaldi, mettendo così da parte un altro affiliato Franco Pistone che durante la detenzione del collaboratore aveva preso la reggenza della famiglia comportandosi in modo scorretto” Alfino avrebbe avuto il ruolo di recuperare le estorsioni. E inoltre nel 2004 avrebbe contattato “esponenti di spicco del clan Santapaola per“chiarire” la situazione che Pistone aveva creato”.

Riformare la pena a 15 anni e 6 mesi di reclusione e 15 mila euro di multa è la richiesta della pg alla Corte nei confronti di Francesco Saverio Cristaldi, parente del boss santapaoliano di Picanello Venerando Cristaldi e cognato di Giovanni Alfino. Laudani ha raccontato che “Cristaldi avrebbe avuto un periodo di allontanamento e poi di riavvicinamento al clan” dove sarebbe rimasto almeno fino “all’arresto del Laudani (2007)”. Sono 14 gli anni chiesti (in riforma) nei confronti di Orazio Di Grazia, ritenuto il numero 1 di Picanello. Un gruppo creato – ha spiegato Giuseppe Laudani – su proposta “del cugino Sebastiano Laudani”. Di Grazia sarebbe stato affiancato a livello operativo da Omar Scaravilli. Conferma della condanna a 12 anni e 6 mesi per Orazio Salvatore Di Mauro. Nel mobilificio di Turi U Biondo – ha raccontato sempre il pentito durante l’esame della pg – ci sarebbero stati diversi summit di mafia. La pg Iole Boscarino ha chiesto di riformare la condanna a 15 anni e 2 mesi e 9600 euro di multa nei confronti di Gianluigi Antonio Partini. La magistrata ha, invece, chiesto di confermare la sentenza a 9 anni di reclusione nei confronti di Rosario Campolo e Carmelo Orazio Isaia. Chiesta la conferma anche per Giovanni Parisi condannato dal Tribunale a 11 anni. Quest’ultimo sarebbe – secondo quanto raccontato da Giuseppe Laudani – l’affiliato che lo avrebbe accompagnato al primo incontro con Angelo Santapaola in via Umberto nel 2005

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