"Catania, ecco perché Etna Valley può attirare Intel" - Live Sicilia

“Catania, ecco perché Etna Valley può attirare Intel”

Ricerca, infrastrutture, start up: la guerra Catania - Torino per un investimento miliardario
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CATANIA – Di sicuro, in questo momento, c’è solo che Intel vuole investire in Europa. Tanti miliardi, 80, per costruire due impianti produttivi di semiconduttori. Si parla anche dell’Italia, così come di Francia e Germania. Ma su questa semplice idea si è scatenata una lotta tutta italiana, nord contro sud, per accaparrarsi uno degli stabilimenti di cui gli amministratori delegati del colosso americano dei chip parlano dalla primavera. Con Catania che vorrebbe un posto in prima fila grazie alla sua Etna Valley e alle competenze sviluppate grazie alla presenza della ST Microelectronics, e che reagisce all’idea che invece la Intel vada a Torino.

Le precisazioni del ministro

Voci da cui è nata una guerra, in seguito anche a dichiarazioni del ministro Giorgetti, vicesegretario della Lega, che però oggi ha chiarito dicendo a Livesicilia: “Il dossier è delicato e stiamo lavorando senza sosta per portare in Italia Intel perché la concorrenza a livello europea è fortissima. La partita, al momento, si deve vincere in Europa. Perché il rischio è che Intel possa scegliere un altro Paese, forse la Germania”. lo sfondo è dunque quello di una battaglia in corso per aumentare la presenza europea nel settore dei semiconduttori.

Il polo tecnologico etneo

Perché un colosso come Intel investa in un luogo serve che quel luogo presenti delle attrattive di qualche tipo. Quanto è davvero attrattiva Catania, dunque, per Intel? A rispondere è Rosario Faraci, ordinario di Economia e gestione delle imprese all’Università di Catania: “Al netto delle eventuali convenienze di natura fiscale e contributiva, se effettivamente si trattasse di optare tra Catania e Torino i due siti sarebbero egualmente attrattivi per un player importante della microelettronica come Intel. Per ragioni differenti, ma i due siti sono egualmente appetibili”.

Quali sono le differenze tra le due città, agli occhi di un possibile investitore? “Torino ha sviluppato negli ultimi anni un interessante ed interconnesso ecosistema dell’innovazione – dice Faraci – che dopo la ricollocazione di Fiat a livello internazionale ha portato in quel territorio importanti aziende in settori diversi dall’automotive. Catania, pur non essendo vicina logisticamente a Milano, la capitale economica dell’Italia, non è da meno e non solo perchè vive ancora la stagione dell’Etna Valley trainata dalle performance di ST Microelectronics”.

Lo stabilimento della ST Microelectronics a Catania

Che risorse potrebbero essere attrattive per Intel, nel catanese? “Nel nostro territorio – dice ancora Faraci – ci sono le medesime condizioni perchè si possa ripetere quello che la Apple ha saputo fare a Napoli con l’investimento nel polo tecnologico di San Giovanni a Teduccio: un’Università che fa ottima ricerca anche nel campo dei semiconduttori, una dotazione infrastrutturale nel 5G nonchè nella banda larga e ultralarga che è in crescita, la presenza di importanti player delle telecomunicazioni e dell’energia, infine una rete di start up innovative che sta scalando rapidamente posizioni nel mercato. Nella prospettiva di Intel, dunque, ci sono tutte le condizioni per effettuare senza condizionamenti la valutazione comparativa tra Catania e Torino, ammesso sempre che la multinazionale sceglierà veramente l’Italia come paese europeo in cui effettuare il nuovo investimento”.

La partita italiana e le parole del ministro

In Italia, le prime notizie dell’investimento di Intel risalgono ai primi giorni d’estate, quando il Ceo di Intel Pat Gelsinger ha incontrato Mario Draghi e Giancarlo Giorgetti durante un tour delle principali città europee. Si parlò, genericamente, del nuovo impianto produttivo e della possibilità di costruirlo in Italia, ma già allora Intel adottò un comportamento che continua ancora oggi, senza annunciare nessun sito specifico né nessun interesse.

Ai primi di agosto già qualcuno avanzava la candidatura di Torino nel corso di una serie di incontri sul “Sistema Piemonte”, mentre pochi giorni fa il ministro per lo sviluppo economico Giorgetti, trovandosi proprio nel capoluogo piemontese, ha dichiarato durante una visita al Politecnico di aver “proposto la candidatura di Torino, e in particolare Mirafiori, perche’ ritengo che qui ci siano talenti, capacita’, intelligenze, innovazione assolutamente adatte per un investimento di quel tipo. Noi ci siamo messi in concorrenza internazionale con la Germania e la Francia per questo investimento che vuole fare Intel. Ci sono diverse localizzazioni che sono state valutate dalla struttura che c’e’ a Palazzo Chigi”.

La reazione catanese

Parole che hanno scatenato la reazione immediata e compatta di buona parte del ceto politico catanese, dal sindaco Salvo Pogliese all’ex sindaco Bianco, dal segretario del Pd Anthony Barbagallo che ha parlato di “propaganda elettorale” da parte di Giorgetti in un post su Facebook, alla deputata del gruppo misto Simona Suriano che ha parlato di “scippo ai danni della politica industriale ed economica del Meridione”, dalla deputata di Attiva Sicilia Angela Foti che ha chiesto l’intervento della Regione e della ministra per il Sud Mara Cafagna, fino a Sinistra Italiana che ha invitato il sindaco a “occuparsi della zona industriale”.

Compatto, il mondo della politica catanese, non solo nel sottolineare l’alto livello del polo tecnologico della città – citando la vecchia definizione di Etna Valley e sottolineando la crescita indiscussa del livello tecnologico e di competenze nella città etnea – ma nel condannare la presunta interferenza del ministro. Dice infatti il presidente della Regione Nello Musumeci: “Se un colosso dell’hi-tech è pronto ad investire in Italia, con un progetto ambizioso che darà impulso all’economia e all’occupazione, a decidere non può essere la solita logica che privilegia il Nord a discapito del Sud. Nel pieno della progettualità di una ripartenza, che non può certo essere a due velocità o, peggio, azzoppata sul nascere, non si può continuare con la politica assistenzialista che ha sempre mortificato il Mezzogiorno”.

Interviene anche Rosy Scollo, del comitato centrale della Fiom Cgil: “Catania ha tutte le carte in regola per ospitare l’impianto della multinazionale americana – dice Scollo – ha una lunga e consolidata tradizione industriale, ha buone condizioni di contesto come dimostra la presenza di un’altra multinazionale leader mondiale nel settore dei semiconduttori come StMicroelectronics. Catania è sede di un’antica e prestigiosa università, del Cnr e di importanti centri di ricerca e di eccellenza. E, oltretutto, Catania, come tutto il Sud, può contare sul 40 per cento delle risorse del Pnnr che anche a questo tipo di investimenti sono dedicate”.

Lo stabilimento Intel nel Kildare, in Irlanda, l’unico al momento attivo in Europa.

Si deve sottolineare che nessuno, da Intel, ha finora manifestato l’intenzione di aprire una nuova installazione a Catania. La voce circola in via non ufficiale, esattamente come quella su Torino. Ma le parole del ministro per lo sviluppo economico hanno fatto pensare a una preferenza da parte del governo per il capoluogo piemontese, o comunque a una scarsa attenzione verso altri poli produttivi, ugualmente di alto livello, come quello di Catania.

Voci a cui lo stesso ministro ha messo un freno oggi, con una dichiarazione a Livesicilia: “Il rischio è che Intel possa scegliere un altro Paese, forse la Germania. Poi quando ci sarà la certezza che Intel sceglierà il nostro Paese, si inizierà a discutere dell’insediamento e sarà scelto chi dimostrerà di avere più competenze”. A chi accusa il ministro di non avere a cuore il futuro industriale ed economico di Catania Giorgetti risponde: “Stiamo lottando a livello di commissione Ue per autorizzare l’investimento Stm a Catania. Il resto, polemiche, accuse, strumentalizzazioni locali non aiutano”.

Gli investimenti in arrivo

L’unica cosa certa al momento dunque è che Intel, multinazionale e colosso mondiale della lavorazione di semiconduttori, ha annunciato la sua intenzione di investire ottanta miliardi in Europa per l’apertura di due stabilimenti produttivi, che andrebbero ad affiancare le strutture già esistenti in Irlanda e a raddoppiare entro il 2030 la produzione di semiconduttori. Un processo, quello di ricerca, che è andato di pari passo con la caccia a sussidi pubblici.

L’arrivo dei due stabilimenti intercetterebbe un momento economico e politico particolare: la crisi della produzione di semiconduttori causata dalla crisi Covid ha pesantemente rallentato l’economia mondiale, soprattutto il settore auto ma anche quello dell’informatica e degli elettrodomestici, sempre più basati su chip per poter funzionare. Al tempo stesso, l’Europa è al suo minimo storico nella produzione di semiconduttori, passata dal 35 per cento sul totale mondiale nel 1990 al 9 per cento odierno.

Proprio per questo, l’Unione Europea ha annunciato la sua decisione di rendersi autonoma nella produzione di semiconduttori e ha messo sul piatto del Recovery Fund anche diversi miliardi per incoraggiare il comparto a investire in Europa. Proprio per questo la competizione per un nuovo stabilimento Intel non passa solo per l’Italia, ma anche per la Germania, in cui già ad agosto il ministro dell’economia Peter Altmaier ha incontrato cinquanta rappresentanti dell’industria dei semiconduttori. La Baviera sarebbe in prima linea, grazie anche alla presenza di Audi e Bmw, e avrebbe già individuato il polo produttivo, una base aerea abbandonata.


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