Catania, il racconto: Covid e il Capodanno 'in clausura' - Live Sicilia

Catania, il racconto: Covid e il Capodanno ‘in clausura’

Una festa ai domiciliari. E a mezzanotte brindisi a 'distanza'.

Non c’è niente di peggio che rimanere immobilizzati al letto per il Covid, con la testa che scoppia a ogni colpo di tosse, e sentire fuori dalla finestra torme di ragazzini che esplodono petardi o sparano con le pistole a salve. Nei quartieri del centro storico è così (lo sarà anche in periferia). Nessuno vuole togliere loro il diritto di giocare o di salutare rumorosamente il nuovo anno, purché senza fare e farsi male. La domanda è semplice: sanno che dietro le serrande ci stanno persone ammalate, tante persone ammalate? In fondo, i numeri dei positivi a Catania, dai giorni immediatamente precedenti il Natale, non sono in crescita: sono in scalata verticale. Tra vaccinati e non vaccinati. Inutile ormai fare distinzioni. Quelle semmai servono per stilare statistiche o smistare il traffico di chi necessiterà di cure ancor più robuste. 

Covid vuol dire stare male. Ci sono gli asintomatici, ma ci sono anche – e sono tutt’altro che pochi – quelli che di sintomi ne hanno sviluppati abbastanza. Quota quaranta di febbre non è mai una passeggiata, anche se dopo averla scollinata tutto sembra meno traumatico. 

Covid vuol dire isolamento. L’impossibilità per sé (giustamente) e per i propri familiari di poter svolgere le commissioni più elementari,persino quando si tratta di vaccinati con terza dose. Una faccenda seria, perché appena l’Asp è avvisata della condizione di positività di un utente (la macchina funziona), viene recapitato via mail un decreto di isolamento. Non si tratta infatti di uno strumento fiduciario, che possa far leva su responsabilità e buon senso, ma di un divieto perentorio. 

Insomma, un caso Covid mette fuori gioco un’intera comunità familiare. Che a quel punto sarà costretta a ricorrere al delivery o alla bontà dei parenti o vicini per avere beni essenziali (cibo e farmaci). Una cattività che fa sentire ancora più in difetto quanti stanno già facendo gli scongiuri con il termometro. Ovviamente, anche dentro casa pesa il distanziamento, stando attenti a non condividere spazi comuni. Così succede che se il positivo non ha a disposizione un televisore in camera da letto, il capodanno in compagnia di Amadeus e soci sarà solo un’ipotesi da non considerare neanche di striscio (non che dispiaccia).

Intanto fuori si spara, i botti non mancano. Spettacolo rumoroso, ma pur sempre spettacolo è. Almeno. Il tutto è nel segno dell’attesa. Un altro capitolo fastidioso ha per titolo “tamponi molecolari”. I grandi numeri di questi giorni impongono rallentamenti sine die. Il personale delle Usca offrono due possibilità: o andare all’hub vaccinale o attendere l’invio dei sanitari a domicilio. Nel primo caso, viste le file chilometriche di questi giorni a San Giuseppe La Rena, c’è chi ha paura, sintomi ancora presenti, a mettersi in auto e sottoporsi a uno stop and go che può durare diverse ore. La seconda ipotesi,  sempre in termini di tempo, è ancora più un’incognita. 

Insomma, al netto della gravità del caso, il Covid a Capodanno (ma anche negli altri giorni, beninteso) non è affatto un bell’affare.  


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