PALERMO – Giuseppa Ferro aveva 77 anni. È morta giovedì sera al pronto soccorso dell’ospedale Villa Sofia durante una delle tante giornate segnate, come abbiamo raccontato, dal caos. A ricostruire la triste storia è il figlio, Giovanni Poma, che non ha alcun “sentimento di rivalsa”, ma ne parla “affinché non si ripeta ciò che è accaduto a mia mamma”.
Ha il sospetto che la madre sia morta da sola, senza che nessuno se ne sia accorto. Ha il dubbio che potesse salvarsi e che non tutto il necessario sia stato fatto. Lo dice con toni pacati ma fermi, cosciente del fatto che “purtroppo niente e nessuno potrà restituirmi mia mamma, ma non è questa la sanità che ci meritiamo”.
La cronaca registra, dunque, un nuovo caso dopo il decesso di Vito Petrotta, morto ieri mentre si trovava al pronto soccorso dell’ospedale Policlinico di Palermo in codice giallo.
A mezzogiorno di giovedì scorso la donna, mentre è a casa, avverte un forte dolore al petto e alla schiena. Un campanello di allarme per un soggetto che, pur stando bene, ha un pacemaker. I parenti la accompagnano al pronto soccorso. Le dicono che prima di ogni cosa deve eseguire un tampone Covid.
Alle 13 entra in sala visita. Le assegnano un codice giallo, almeno così riferisce la donna ai parenti. Alle 14:30 i sanitari eseguono un elettrocardiogramma. Esito negativo, come negativa è la ricerca degli enzimi il cui risultato arriva alle 16.
“Mi diceva vieni a prendermi”
La donna trascorre la sua giornata in barella. Chiama il figlio più volte. Piange. Dice che non le danno neppure l’acqua. I parenti si precipitano e grazie a una guardia giurata le fanno avere una bottiglietta d’acqua. Intorno alle 19:40 l’anziana madre richiama il figlio. “Vieni a prendermi”, gli dice in lacrime.
Si sente abbandonata, ha ancora un forte dolore al petto. Riesce a parlare a mala pena. Racconta che gli altri pazienti urlano e lei non sa come farsi sentire. Ha un problema con la flebo al braccio. Il figlio cerca di tranquillizzarla. L’ospedale è il luogo più sicuro, possono prendersi cura di lei. Certamente a casa non riceverà l’assistenza necessaria.
La telefonata: “Venga subito…”
Alle 20:05 il figlio riceve una nuova chiamata. Non è la madre stavolta, ma i sanitari: “Venga subito, è urgente”. Quando arriva la mamma è già morta. “Hanno fatto tutto il possibile? Hanno cercato di rianimarla? Non ci sono segni dell’utilizzo del defibrillatore”, dice il figlio Giovanni.
Da qui il sospetto che sia morta senza che nessuno se ne accorgesse. Da sola, su una barella dove è rimasta per ore. Difficile accertare se abbia influito il caos ammesso dallo stesso primario Aurelio Puleo. “Se potete, andate altrove…”, aveva detto Puleo, usando parole forti.
Tanti pazienti e carenza di personale, tre soli medici a coprire il turno. Le attese diventano estenuanti per i pazienti, le vere vittime di un sistema che non funziona. Il Covid non c’entra. Il pronto soccorso di Villa Sofia serve l’utenza che non va in ospedale per problemi legati al virus.