Stasera assisteremo al transito dall’agonismo elettorale alla gara vera, quella che vedrà il nuovo sindaco provare a dare a Palermo un ruolo, un carattere, una identità. Ed è evidente che si tratterà di un obiettivo difficile e insidioso. La vittoria elettorale, infatti, darà a molti entusiasmo e questo li indurrà a percepire momentaneamente alcuni risultati come già raggiunti. Lo stesso vincitore potrà lasciarsi suggestionare da questo primo successo e ciò potrebbe distrarlo. Noi gli lasceremo qualche momento perché assapori la naturale, umana euforia e poi entreremo nel nuovo clima operativo.
Chi ricorda che io sono stato sino al 1991 uno dei piccoli padri della Primavera di Palermo ricorderà pure che quelli furono tempi sì di slogan come “Palermo città normale” e “Palermo città europea”, ma furono soprattutto tempi di rivoluzionaria speranza. Anche la lotta alla mafia trovava utilità nei simboli e nelle suggestioni e in fondo quel clima giovava al nutrimento delle aspettative superbe dei palermitani. Vivevamo di eccessi e questi erano strumento di appagamento e di crescita.
Da allora è passato un secolo e nulla è più come prima. Neanche le balate della Vucciria, ormai asciutte. Ecco perché desidero dire qualcosa al nuovo sindaco, dirgliela ora, in sala parto.
La prima: se dopo la vittoria vorrà affermare di essere il sindaco di tutti compia, La prego, un gesto strategico. Proponga alla parte perdente di entrare in una nuova mentalità, quella di considerarsi minoranza e soltanto quando lo ritenesse proprio irrinunciabile, opposizione. E’ così che chi stasera sarà perdente potrà pretendere il riconoscimento dei diritti della minoranza ed è così che Lei, non potendoglieli negare, sarà il sindaco di tutti. Non Le offro, con questa proposta, un suggerimento tattico, ma affermo, strategicamente, il mio diritto di cittadino di avere un sindaco “costretto” ad operare veramente per tutti.
La seconda: nella lotta alla mafia dei tempi nuovi si faccia garante della giusta misura. Operi perché nessuno regali a Cosa nostra una dimensione diversa da quella reale. E’ doveroso, certo, che non la si descriva un millimetro in meno, ma sarebbe un ingiustificabile e insopportabile dono riconoscerle anche un solo centimetro in più. Quando si attribuisce alla mafia un ruolo più dominante di quanto lo sia le si dà più potere e si inducono i cittadini ad una minore fiducia nel risultato liberatorio finale. Invece la maggior fiducia aiuta la pratica della legalità.
La terza: io so che Lei sa che cultura vuol dire innanzitutto crescita qualitativa. E’ una parola, cultura, spesso abusata perché adibita a sinonimo di mentalità, costume, consuetudine, istruzione. Noi invece sappiamo che cultura vuol dire crescita ed è per questo che un sindaco, qualunque sindaco di qualunque comune, non può disattendere gli strumenti di crescita della collettività. E’ per questo scenario che Le chiedo di essere chirurgo e mecenate nei confronti dei talenti palermitani. Esiga qualità e le dia spazio, insomma. Esiga che il Teatro Biondo esca dal tunnel che lo vede assente nell’accoglienza e nella promozione degli artisti palermitani; esiga che Palermo si disfi delle false o delle parziali descrizioni di sé ed entri negli scenari nazionali ed internazionali con le proprie vere potenzialità piccole e grandi, purché siano le sue, senza infingimenti e “marchette”. Operi per spalmare in città la bellezza, risorsa che, quand’è vera, non chiede grandi mezzi finanziari, ma soltanto buone idee. E su questa linea dia idealmente la cittadinanza onoraria a Dostoevskij per poterne parafrasare l’idea che “la bellezza salverà Palermo”.
Infine la quarta: chieda molto ai palermitani. Nessun sindaco, neanche se miracoloso, potrà portare Palermo a reali traguardi di sviluppo e di vivibilità se non sarà affiancato da cittadini eletti. Glielo dica, parafrasando stavolta John Kennedy: non chiedetemi di me, ma ditemi di voi, ditemi che cosa farete per Palermo. Certo, in questo dovrà sì provocarli, ma soprattutto indurli. Ecco perché Le chiedo di promuovere quanto possa indurli-costringerli ad essere bravi cittadini. Ci pensi, non è impossibile. Senza non c’è scampo e non c’è ottimo sindaco che tenga.
Ora, in attesa del vagito, un’ultima parola: sia veramente ambizioso. Archivi al più presto la vittoria di questa sera poiché ogni vittoria, come ogni sconfitta, è una “grande imbrogliona”. Abbia, invece, l’ambizione di poter dire alla fine del suo mandato: sono stato un grande sindaco perché Palermo oggi è una città matura abitata da cittadini maturi.
*scrittore e regista