PALERMO – Il Tar del Lazio ha annullato la nomina da parte del Csm di Antonio Balsamo a presidente del Tribunale di Palermo. I giudici amministrativi hanno accolto l’istanza di uno dei concorrenti, il giudice Piergiorgio Morosini. Nel suo ricorso Morosini – che è stato consigliere del Csm, gip nel processo sulla trattativa Stato-mafia ed è attualmente sostituto Pg in Cassazione – aveva sostenuto che la delibera del Csm sarebbe stata illegittima “per violazione delle previsioni in materia di legittimazione alla partecipazione al concorso”, poiché Balsamo “sarebbe stato privo, alla data di vacanza del posto, del requisito della permanenza almeno quinquennale nella precedente funzione requirente prima del trasferimento a quella giudicante”.
I giudici, preliminarmente disattendendo l’eccezione d’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse (nelle more, infatti, Morosini è stato nominato sostituto procuratore generale in Cassazione), si sono poi focalizzati sulla normativa specifica, precisando come il Decreto legislativo di riferimento prevede che “il passaggio di funzioni può avvenire nel rispetto di precisi limiti di carattere spaziale e temporale: sotto il primo profilo, il passaggio non è consentito all’interno dello stesso distretto, né all’interno di altri distretti della stessa regione, né con riferimento al capoluogo del distretto di Corte di Appello in relazione al distretto nel quale il magistrato presta servizio all’atto del mutamento di funzioni; con riferimento ai limiti temporali, la medesima disposizione prevede che il passaggio di funzioni può essere richiesto per non più di quattro volte nell’arco dell’intera carriera, dopo aver svolto almeno cinque anni di servizio continuativo nella funzione esercitata”.
Nello specifico, quindi, per il Tar “avuto riguardo alle funzioni rivestite dal dott. Antonio Balsamo (sostituto procuratore generale presso la Corte di Cassazione), deve ritenersi operante la sola eccezione territoriale relativa alla sede di destinazione, mentre non è prevista alcuna deroga con riferimento al limite quinquennale per il passaggio di funzioni. Ed infatti il Consiglio Superiore della Magistratura, nella delibera impugnata, ha affermato la necessità di una ‘interpretazione evolutiva’ della disposizione in esame, tesa ad espandere l’ambito applicativo delle eccezioni rispetto alla regola della legittimazione quinquennale”. Opzione interpretativa che i giudici hanno ritenuto non condivisibile con la conseguenza che sono state ritenute fondate “le censure afferenti l’illegittimo riconoscimento della legittimazione del controinteressato alla partecipazione alla procedura. Il ricorso deve dunque essere accolto, con annullamento dell’atto impugnato, dovendo il CSM rideterminarsi ai fini dell’attribuzione dell’incarico direttivo per cui è causa”.