ll “triangolo della morte” e il buco nero delle vittime di mafia

ll “triangolo della morte” e il buco nero degli omicidi di mafia

Nell'estate del 1982 si scatenò una guerra. Decine di delitti irrisolti

ll “triangolo della morte”.  Fu la cronaca a imporre la macabra definizione. Fra Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia i cadaveri si contarono a decine.

Nell’estate del 1982 i killer uccisero una ventina di persone in due settimane. Molti di quei delitti sono rimasti irrisolti. Tra i primi a cadere, a Bagheria, furono Cosimo Manzella e Michelangelo Amato. Erano entrambi di Casteldaccia dove, pochi mesi dopo, in una villa fu freddato Gregorio Marchese. A distanza di alcuni giorni stessa sorte toccò, a Villabate, a Salvatore e Pietro Di Peri.

La scia di morte si allunga nel tempo. Il 28 settembre del 1987, alle porte di Bagheria cade massacrato dai proiettili il palermitano Mario Prestifilippo.

Era ritenuto un sicario della cosca dei Greco della borgata palermitana di Ciaculli. A dare l’ordine di eliminare il giovane sarebbero stati i boss corleonesi Totò Riina e Bernardo Provenzano. Il 23 novembre del 1988, a Bagheria, cadomo la sorella e la zia del pentito di mafia Francesco Marino Mannoia. Le vittime sono Leonarda Cosentino, Vincenza Marino Mannoia e Lucia Cosentino.

Alla fine di morti ammazzati se ne conteranno più di quaranta fra i due schieramenti: i corleonesi che marciavano su Palermo e provincia e coloro che provarono a resistervi.

Erano i giorni di un’altra resistenza, quella civile. Il 26 febbraio 1983 si svolse la prima marcia antimafia da Bagheria a Casteldaccia. La gente scendeva in strada per urlare il proprio sdegno.

Quarant’anni dopo, stamani, oltre novanta tra scuole, associazioni, sindacati, amministrazioni comunali hanno aderito ad una manifestazione.


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