PALERMO – Erano pronti ad alzare il tiro della protesta. Alcuni capipolo della Gesip volevano sabotare le elezioni regionali. Occupare diversi seggi della città di Palermo, barricarsi dentro e impedire che i cittadini domenica scorsa scegliessero il nuovo governatore e i deputati del Parlamento siciliano: il piano è stato sventato dagli agenti della Digos.
Il pool di magistrati che in Procura si occupa di terrorismo, coordinato dall’aggiunto Leonardo Agueci, ha fatto scattare una raffica di perquisizioni e convocazioni in questura. Una cinquantina le case “visitate” dagli agenti nei giorni immediatamente precedenti al voto. A quel punto i facinorosi hanno capito che tirava per loro una brutta aria ed hanno fatto marcia indietro. In dieci sono stati denunciati.
Era tutto pronto. L’obiettivo era anticipare l’arrivo nelle scuole delle forze dell’ordine, primo passaggio per l’insediamento ufficiale dei seggi. Bloccare sul nascere le operazioni anche con azioni eclatanti. Quasi, un golpe. La notizia ha trovato subito conferme negli ambienti investigativi e alla vigilia delle elezioni è stato convocato in prefettura il Comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica. Oggi sappiamo come è andata a finire. Anzi, come non è andata a finire. C’è voluta, però, un’operazione di intelligence per far saltare un piano che, secondo gli investigatori, non può essere il frutto di un gesto d’impeto. Non si trattava di rovesciare un cassonetto della spazzatura per strada. L’organizzazione era molto più articolata. Di più non trapela, perché non si tratta di un capitolo investigativo chiuso.
Da mesi in Procura l’allerta è massima. La Gesip è di fatto sotto inchiesta. Dalla gestione del bilancio – per ultimo il caso del Tfr dei dipendenti mai versato e denunciato al suo arrivo dal neo sindaco Leoluca Orlando – agli scontri di piazza durante le manifestazioni. Sono soprattutto le questioni sull’ordine pubblico, però, a destare le maggiori preoccupazioni. L’ipotesi è che ci sia una regia unica dietro ogni singolo episodio di intolleranza registrato in città. Cassonetti bruciati, scontri, occupazioni, blocchi stradali: c’è qualcuno che guida la piazza. Qualcuno che si serve di un numero ristretto di lavoratori per accendere la protesta e farla trascendere in violenza. Su questo in Procura sembrano avere le idee piuttosto chiare.
Nei mesi scorsi alcuni dipendenti sono stati identificati e denunciati. Qualcuno, addirittura arrestato. Come Giacomo Giaconia, indicato come il leader dei manifestanti più violenti, che nonostante fosse sottoposto alla sorveglianza speciale era tornato in piazza. Oppure, Giuseppe Crivello e Salvatore Rizzuto sorpresi in corso Vittorio Emanuele mentre incendiavano i cassonetti della spazzatura. Ad assistere alla scena c’erano gli agenti in borghese di una pattuglia. Altri sono stati denunciati, come Salvatore Spatola e Salvatore Abbate (quest’ultimo appartiene all’omonima famiglia della Kalsa. Un cognome di peso nella mappa della mafia palermitana). Personaggi già noti alle forze dell’ordine. Non sono gli unici su cui si concentra il lavoro degli investigatori. Molti sono stati convocati in questura. Altri hanno subito una perquisizione. Il sabotaggio delle elezioni regionali è stato stoppato sul nascere, ma si continua a indagare.