TRAPANI – Tutto fa pensare ad un agguato. Marisa Leo è stata attirata dall’ex compagno Angelo Reina in una trappola mortale. L’aveva chiamata per cercare un ennesimo chiarimento, per discutere della bambina o forse per dirle che doveva andare a prendere la piccola al vivaio che gestiva con la sua famiglia. L’ha uccisa con tre colpi di fucile all’addome, ingrossando la lista dei femminicidi.
È mercoledì sera. Un automobilista chiama il 112. Segnala che un uomo si è suicidato lungo l’autostrada Mazara del Vallo-Palermo, tra gli svincoli di Alcamo ovest e Castellammare del Golfo, nei pressi di Gallitello. Interviene la polstrada. Gli agenti trovano l’auto di Angelo Reina, una Porsche Cayenne, ferma sul ciglio della carreggiata. Il corpo di Angelo Reina è finito giù, probabilmente per via del rinculo della fucilata che si è sparato.
Gli agenti della squadra mobile di Trapani risalgono subito alla sua identità. Salta agli occhi il processo per stalking del 2020. Reina era stato denunciato dalla ex compagna che nel corso del processo, a Marsala, aveva deciso di ritirare la querela. Gli agenti cercano di contattare la donna. Non risponde. Chiamano i genitori della trentanovenne da cui apprendono che la figlia è uscita per andare ad un appuntamento con l’ex compagno. Corrono al vivaio, in contrada Ferla, nelle campagne fra Mazara del Vallo e Marsala. Dentro un fabbricato rurale c’è il corpo senza vita della povera Marisa colpito con una carabina calibro 22.
Ora c’è una bimba rimasta orfana ad appena quattro anni, di cui si prendono cura i nonni materni. La figlia era tutto per Marisa. Poi c’era il lavoro. Si era laureata in Economia, ma aveva abbandonato la prospettiva di fare la commercialista. Il suo futuro era nel vino, una passione divenuta un mestiere. Sorrideva sempre Marisa, nonostante le avversità della vita.
Aveva scelto di dare una seconda possibilità al suo carnefice, nonostante la pedinasse. Una volta l’aveva addirittura inseguita in auto e bloccata lungo la statale. Non era stato un buon compagno, ma Marisa sperava che fosse un buon padre. Avevano l’affidamento condiviso della figlia. Al ‘Vinitaly’ di Verona, nell’aprile scorso, Marisa era al lavoro nello stand della cooperativa “Colomba bianca”. C’era anche Reina per aiutarla a prendersi cura della bambina. Sembrava una svolta ed invece l’ex compagno ha continuato a pedinarla e nella sua mente covava propositi di vendetta. Ne è rimasta vittima una donna che si batteva contro la violenza di genere.
L’8 marzo di tre anni fa Marisa aveva dedicato un lungo messaggio sui social alle “donne coraggiose che non hanno scelto la via più facile e che si impegnano con tenacia ogni giorno per raggiungere obiettivi, che lottano senza perdere mai il rispetto del proprio essere donna”. Alle donne “che non ti raccontano lamenti e fatica, che nonostante tutto indossano ogni giorno il loro sorriso più bello e riescono a godere con gratitudine della gioia dei momenti. Loro arricchiscono questo mondo con la bellezza dei loro esempi di vita”.
“Continuate a cercare le vibrazioni della vita”, c’è scritto sul suo profilo Facebook. La sua vita è stata spezzata a fucilate. Aveva 39 anni.