Palermo, al processo Open Arms la parola alla difesa

Salvini, i migranti e la “provocazione” di Open Arms: “Ha difeso i confini”

Matteo Salvini e Giulia Bongiorno
L'arringa dell'avvocato Bongiorno. Sentenza il 20 dicembre

PALERMO – La conclusione dell’arringa difensiva al processo Open Arms è che “Matteo Salvini deve essere assolto perché il fatto non sussiste”.

L’avvocato Giulia Bongiorno ci arriva seguendo un percorso di quattro ore davanti al Tribunale presieduto da Roberto Murgia e riunito nell’aula bunker del carcere Pagliarelli.

Un percorso in cui traccia la figura di un ministro dell’interno impegnato a difendere i confini dello Stato, a portare avanti un programma di governo condiviso con gli alleati di una maggioranza, quella gialloverde fra Lega e Movimento 5 Stelle, che sarebbe presto andata in frantumi (uscì la Lega ed entro il Partito democratico), che non mise in alcun modo in pericolo i migranti bloccati a bordo della nave della ong spagnola, non violò i diritti umani. E soprattutto, operò nel rispetto delle norme internazionali.

Dito puntato contro Open Arms

Secondo Bongiorno, non solo Salvini non è colpevole ma altri sarebbero “responsabili” di avere cercato di provocare una reazione del ministro. L’Italia “si mise in ginocchio” pur di fare scendere i migranti. Altro che sequestro di persona, reato che viene contestato a Salvini assieme al rifiuto di atti di ufficio e per i quali è stata chiesta una condanna a sei anni di carcere.

Il leader della è seduto accanto al suo avvocato. Di fianco ci sono il procuratore aggiunto Marzia Sabella e i sostituto Calogero Ferrara e Gorgia Righi. Quest’ultima è arrivata in aula scortata: i pubblici ministeri dopo la richiesta di condanna sono stati bersaglio di insulti e minacce giunti via social e via posta. Tra i primi ad esprimere solidarietà era stata proprio Giulia Bongiorno.

Il legale tira in ballo pesantemente Open Arms, l’ong spagnola che salvò i 147 migranti poi rimasti a bordo della nave dall’1 al 14 agosto del 2019 prima di avere il via libera allo sbarco.

“Open Arms ha avuto innumerevoli innumerevoli innumerevoli (lo ripete tre volte) possibilità di fare sbarcare i migranti soccorsi, ma ha opposto innumerevoli, innumerevoli, innumerevoli rifiuti. Ha scelto di bighellonare (la parole fu usata dalle autorità maltese) anziché andare nel suo Stato di bandiera, la Spagna”, è l’inizio dell’arringa.

“Una consegna concordata”

Come se fosse tutto previsto: “Open Arms non si è imbattuta casualmente nel barcone con i migranti. La verità è che ci fu una consegna concordata perché qualcuno ha dato indicazioni precise a Open Arms molto prima della segnalazione di Alarm Phone che, peraltro, non era corretta”.

Ad un certo punto mentre “stava dirigendosi a Lampedusa improvvisamente cambia direzione e comincia a pendolare in attesa. Alle 8 si registra una accostata, un cambio repentino di rotta e alle 8.30 un cambio di velocità. Cosa è accaduto?”, si chiede la penalista che ipotizza che la ong spagnola avesse un “appuntamento” per prendere a bordo i profughi.

Da qui “la scelta” di rifiutare soluzioni alternative: “Il 10 agosto Open Arms sì rifiutò di far sbarcare a Malta i migranti. Dal 18 ricevette l’ordine di andare in Spagna e rifiutò. Le si propone allora una scorta italiana e poi il porto di Palma di Maiorca e oppose un nuovo rifiuto”.

A questo punto “bisogna uscire dalla logica che tutto è un diritto. Una cosa è un diritto, un’altra una pretesa di scegliere dove, come, quando fare sbarcare i migranti e chi deve farli sbarcare”.

Il video di Open Arms

E allora, si chiede il legale, perché “Open Arms non li ha fatti sbarcare?”. L’avvocato per rispondere cita il contenuto di un video postato il 20 agosto da Oscar Camps, fondatore di Open Arms e parte civile al processo: “Nel video c’è un’esplosione di gioia. Non perché i migranti sbarcano ma perché è caduto il ministro Salvini”.

Al termine del processo Oscar Camps parlerà di “una reazione immediata perché erano stati trattenuti per la volontà del ministro, una manifestazione di soddisfazione per una vicenda che si concludeva”.

In realtà i migranti hanno avuto la possibilità di sbarcare: “C’è la prova che nel giro di due ore il 15 agosto nove migranti sono stati fatti scendere perché dissero di vivere condizioni di stress o di essere incompatibili con altri migranti, senza bisogno di attestare problemi di salute. Questo dimostra che bastava scrivere nel modulo apposito la parola disagio per poter scendere. Questo è incompatibile con il concetto della compressione della libertà personale necessario per configurare il reato di sequestro”.

“A un certo punto – aggiunge – sarebbe bastato solo mandare una email coi moduli già compilati sulle condizioni a bordo per farli scendere. L’Italia si è messa in ginocchio. E tu sequestrato davanti al carceriere che ti chiede un’email che fai? Volti le spalle?”.

I migranti mai in pericolo

L’avvocato Bongiorno cerca di picconare la descrizione dello stato di emergenza a bordo: “Tra i migranti della Open Arms non ci fu nessun tentativo di suicidio. Uno non si suicida buttandosi da due metri col salvagente. Piuttosto, trovandosi a pochi metri dalla costa, e con la sicurezza di essere soccorso dalle motovedette, tentavano di raggiungere la costa specie dopo essere stati costretti a bighellonare in mare dalla ong per giorni”.

A bordo “non c’erano problemi igienici o un’emergenza sanitaria. C’era un via vai di medici e psicologi e ai migranti fu perfino consentito di andare a fare compere.

Un “video girato dal sommergibile Venuti parla chiaro: non c’era alcuna avaria, la barca coi migranti non era fuori controllo”.

Politica condivisa

La difesa cita una sfilza di esempi di sbarchi avvenuti a distanza di settimane dalla richiesta di un porto sicuro per ribadire che lo schema era “prima si decideva la distribuzione dei migranti poi si sbarcava”. E dell’elenco fanno parte vicende avvenute “con governi in cui Salvini non era più ministro”.

La condivisione politica dello schema redistribuzione-sbarco dei migranti è uno dei punti chiave dell’arringa di Bongiorno. Il legale ricorda una lettera che l’allora premier Giuseppe Conte inviò al Corriere della Sera. La definisce “un pizzino d’amore inviato al Pd”, nel momento in cui stava per cadere il governo Conte per fare spazio al Conte 2 cambiando alleato: il Partito democratico al posto della Lega.

“In quella lettera Conte esclude che la sua volontà fosse di fare sbarcare i migranti, come sostiene l’accusa – spiega la difesa – Conte contesta la posizione di Salvini sui minori, ma sui migranti la posizione è identica con un’apertura al Pd”.

“L’accusa non ci indica quale sia stata la norma violata sulla concessione del porto sicuro”, dice l’avvocato Giulia Bongiorno. Ecco un altro passaggio cruciale dell’arringa difensiva: “Non c’è un solo rigo in una norma internazionale che preveda un termine perentorio per la concessione del porto sicuro e per lo sbarco dei migranti”.

Al contrario, aggiunge il legale e senatrice della Lega, lo sbarco deve avvenire quando “sia ragionevolmente praticabile”.

“Ha difeso i confini dello Stato”

Salvini, dunque, non avrebbe violato nessuna norma, ma ha difeso lo Stato “perché la parola Stato esiste, i confini esistono anche se Salvini è stato sbeffeggiato per avere usato questa parola. Non esistono solo i diritti dei migranti, esistono gli interessi dello Stato così come hanno stabilito delle sentenze passate in giudicato. I migranti hanno lasciato una parte della loro libertà a casa”.

“L’Italia si è messa in ginocchio”

“Questa è stata la battaglia di Salvini sui diritti che sono diversi dalle pretese. La guardia costiera si è messa in ginocchio per avere una risposta da Open Arms sull’offerta di portare i migranti in Spagna. La stessa Spagna che ha offerto aiuto ad Open Arms ricevendo come risposta un ‘buonanotte’”, conclude il legale.

Per tutto questo, secondo l’avvocato Bongiorno, Salvini merita l’assoluzione piena “perché il fatto non sussiste”. Il 20 dicembre il Tribunale si riunirà in camera di consiglio. Fuori dall’aula il pensiero del legale vai ai leghisti che si sono radunati in piazza Politeama: “Esprimere solidarietà non avvelena il clima”.


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