CATANIA – “La ragione vera per cui sono qui è che sono molto preoccupato di ciò che potrebbe accadere a Maurizio Avola (ex killer della Cosa Nostra catanese e ora collaboratore di giustizia, ndr) che da 5 anni conduce una vita irreprensibile”.
La Commissione parlamentare antimafia
A parlare è il giornalista Michele Santoro in audizione davanti alla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie nell’ambito del filone d’inchiesta sulla strage di via D’Amelio.
“Non vuole certo cancellare gli orrori da lui commessi – dice – ma vorrebbe mostrare ai suoi figli la convenienza del lavoro e dell’onestà. Per noi è una cosa normale, per uno come lui è una lotta quotidiana contro i fantasmi del passato”.
“È il primo ad aver affermato di aver confezionato personalmente l’autobomba – afferma Santoro – e che in questa circostanza non erano presenti agenti dei servizi segreti. Soprattutto questa affermazione ha scatenato le reazioni di Scarpinato, Salvatore Borsellino e di altri teorici”.
“Non solo una storia militare”
“Costoro arrivano a mio parere a cancellare il ruolo e l’importanza storica di Cosa Nostra per ridurre la mafia a un’appendice militare, a un gruppo di killer al servizio di pezzi dello Stato. Per come ho conosciuto io Falcone non credo che troverebbe questa intensità oltre che condivisibile”, dice Santoro.
“La procura di Caltanissetta, all’uscita del nostro libro, ha diffuso un comunicato inusuale ventilando l’ipotesi di un depistaggio di cui sarebbero responsabili Avola, il suo avvocato e chi ha scritto il libro In pratica il libro è stato messo all’indice e considerato notizia di reato”, aggiunge il giornalista.
Per Santoro mettere “sottosopra la vita di Maurizio Avola rendere pubblici i luoghi dove conduce la sua nuova esistenza, senza tutela, fotografare la casa, recandosi sul luogo in cui lavora generando allarme per me è inaccettabile. Sono qui per dire che se accade qualcosa a Maurizio Avola sappiamo contro chi rivolgere il dito”.
“Le scorte vanno date quando necessario”
“Le scorte vanno date quando è necessario, non devono diventare una specie di simbolo di status”. Dice ancora il giornalista Michele Santoro davanti la Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno delle mafie.
“Questa diffusione che si fa in Italia delle scorte francamente non mi trova d’accordo – aggiunge – Preferirei che gli uomini della polizia fossero impiegati alla stazione Termini piuttosto che andare a scortare qualsiasi mio collega che non si capisce che cosa rischi in realtà”.