Nelli Scilabra è una giovane donna bella, intelligente e indipendente. Peccato che, nell’immaginario che il presidente Crocetta ha costruito intorno a lei, imprigionandola nella gabbia dorata di un assessorato e di uno stipendio ricco, il ritratto testimoni lo sfalsamento dell’identità. Nelli non parla quasi mai. Affida i suoi stati d’animo, con avara disponibilità su facebook, a motti che sembrano ricopiati da un libricino sulla Resistenza con adeguate illustrazioni. Compie i suoi raid negli enti di Formazione, apparendo distante dal centro delle operazioni. Nel cuore dell’evento c’è immancabilmente lui, Saro, il governatore della spettacolarizzazione. E non è necessariamente una critica, si tratta di un riconoscimento, di un applauso ammirato di invidia al possessore pro tempore dello scettro di Palazzo d’Orleans che riesce a rendere teatrale la composita materia che gli passa tra le mani.
Tutto, dalla conferenza stampa con gli algidi petrolieri russi, in chiave di comparsa con quei visi tendenti al Kgb, all’incrocio col capo dello Stato Napolitano prima della rielezione (“Crocetta, sai quanti anni ho”, “ma, direi settanta”, è la perla di avanspettacolo partorita dal vertice quirinalizio) diventa espediente letterario, risorsa drammaturgica. Chissà come finirà questa storia nella Sicilia di Saro. Chissà se al traguardo ci sarà la banda con i fiori o il plotone d’esecuzione, esito inevitabile, o l’una o più spesso l’altro, di una vita consacrata alla politica. Una certezza possiamo già anticipare in attesa dell’epilogo: non ci saremo comunque annoiati.
Ma torniamo a Nelli che è bella e intelligente. Con la tendenza a scomparire, a dissolversi dietro la mole crocettiana. Non da sola. Se il presidente fiata, lei ascolta. Se lui le intima di stare zitta, lei tace. Ne consegue un dato: il governo più femminile che c’è, nella persona dell’assessore più giovane che c’è, progredito nella figura di un capo che regge il timone da gay dichiarato ed emancipato, è diventato il rovescio della medaglia, l’esaltazione involontaria del maschilismo al potere. L’uomo (sì, proto-intolleranti: un gay è un uomo, non lo sapevate?) primeggia. La donna (giovane, bella, intelligente, femminista) segue un passo indietro. Non inventa nulla di suo. Reinterpreta, in una sorta di meccanica dell’ossequio.
Nel Crocettamondo conta la prestanza del leader. Il culto del personalismo unisce il credo ideologico e l’anima artistica di un presidente che si diverte appunto un mondo nel Crocettamondo quando può improvvisare davanti al microfono di una conferenza stampa convocata sui rifiuti, regolarmente cominciata almeno mezzora dopo il minutaggio fissato e arricchita di motti, dichiarazioni solenni e ammonimenti che poco o nulla c’entravano col tema proposto. D’altra parte, deve esserci stato o deve esserci in una delle stanze segrete di Saro Crocetta un poster di Chavez da fissare golosamente, da scrutare col desiderio di somigliargli un giorno. E non stiamo accusando il governatore di avere dato il La a una dittatura, è che gli piace la maschera dell’arringatore, del nume vendicatore del popolo, del protettore degli oppressi. Se la ama tanto perché mai dovrebbe cederla a terzi?
L’ex sindaco di Gela ha la titolarità della rivoluzione. Gli altri, al massimo, potranno atteggiarsi a umili apprendistie. Soprattutto le donne, di solito bravissime a rubare la scena a chicchessia. Per esserci, ci sono. E ci stiano. Purché in penombra.
Le componenti dell’altra metà del cielo del gabinetto Crocetta figurerebbero benissimo in una ponderata sceneggiatura sulla delicatezza del loro genere. E sarebbe uno sbaglio per difetto. Lucia Borsellino, per fare qualche esempio di copertina, ha scavato un tunnel con durezza nella roccia dei pregiudizi, sopportando la nobiltà di un cognome che nelle parole degli stolti si è trasformato in capo d’imputazione crudele e surreale. Linda Vancheri – lo ha raccontato a Felice Cavallaro in una intervista per il mensile ‘I love Sicilia’ – lotta contro una subdola malattia, senza perdere né la prontezza di chi sa alzare la voce, né il garbo di un sorriso che non è mai debolezza. Tuttavia, nessuna delle due – non Lucia, non Linda – ha un carisma da primo piano. L’unica con i requisiti del maschiaccio, capace perciò di reggere il confronto, sarebbe l’assessore Stancheris, già segretaria del governatore. Per cui ogni ipotizzabile conflittualità già si stempera nella consuetudine e nella confidenza.
Ecco perché il governo Crocetta, nelle intenzioni femminista, nuovo e liberale, appare maschilista, antico e retrogrado. Le donne ci sono, da subordinate. Ecco perché Nelli, più di tutte, incarna il rovescio della medaglia con la sua fresca femminilità. Peccato, sì. Abbiamo ascoltato l’assessora universitaria un paio di volte. Sa dire e argomentare. Peccato davvero che Nelli resti nascosta tra le quinte, imprigionata da Scilabra, aspettando che cali il sipario.