Palermo, l'assessora Amata ai pm: "Leggera sì, ma non corrotta"

“Non sono una corrotta”: cosa ha detto l’assessora Amata ai pm

Un'ora e mezza al Palazzo di giustizia di Palermo
L'INTERROGATORIO
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PALERMO – “Ho risposto a tutte le domande e ho massima fiducia nella magistratura”, ha detto andando via dal Palazzo di giustizia di Palermo. L’assessora regionale al Turismo Elvira Amata ha risposto per circa due ore alle domande dei pubblici ministeri Felice De Benedittis e Andrea Fusco. Erano presenti gli avvocati Giuseppe Gerbino e Stefano Campanella.

Ha negato ogni accusa, com’era lecito attendersi visto che è stato il politico di Fratelli d’Italia a chiedere di essere interrogata. Avrebbe dato per scontato che il nipote pagasse l’alloggio a Palermo. Ed invece era a carico dell’imprenditrice Marcella Cannariato, che lo aveva pure fatto assumere in un’agenzia di assicurazione per sei mesi.

Sarebbero queste le due utilità contestate dalla Procura nel presunto patto corruttivo. In cambio l’assessora avrebbe fatto finanziare dalla Regione trentamila euro per un evento della fondazione Marisa Bellisario di cui Cannariato era rappresentante in Sicilia.

Amata avrebbe confermato di avere chiesto a Cannariato, con cui c’era un rapporto di cordialità, l’assunzione del nipote per aiutarlo in un momento di grande difficoltà in conseguenza di un grave lutto in famiglia. All’inizio pensò di chiedere all’imprenditrice di farlo lavorare in una succursale della Sicily by Car (Cannariato è moglie del patron Tommaso Dragotto) a Firenze.

Anche l’assessora ha vissuto in una casa di proprietà di Cannariato con un contratto di affitto a un prezzo considerato dagli investigatori inferiore a quello di mercato. “Come devo stare secondo te in questa meraviglia di casa, ma una statua d’oro ti farei”, diceva Amata a Cannariato.

Un episodio ricostruito dai finanzieri per descrivere il rapporto fra le due donne, ma non contestato dalla Procura. “Se io do ospitalità gratuita proprio all’assessora… i giornalisti di questo vanno a caccia…”, diceva Cannariato. “Lei pensava di non pagare niente”, aggiunse un’altra volta.

In realtà alla fine si misero d’accordo per sottoscrivere un contratto di locazione. Alcune mensilità arretrate “da novembre 2023 a marzo 2024” sarebbero state pagate “cash – precisò Cannariato – perché io il contratto non lo posso fare retroattivo”.

Anche sul punto i pm avrebbero chiesto chiarimenti ad Amata, la quale avrebbe spiegato di avere pagato nel momento in cui ha ricevuto la fattura. Una questione di tempi, di sicuro non fu il do ut des di un patto corruttivo. Anche perché l’evento sulla centralità del ruolo delle donne nell’economia sarebbe stato finanziato perché Amata lo ritenne meritevole. Ad organizzarlo era stata la Fondazione Bellisario, la cui autorevolezza è riconosciuta in tutta Italia. Nessuna correlazione ci sarebbe stata, dunque, con le presunte utilità.

Di diverso avviso è la Procura che ha depositato le intercettazioni. “Io sono molto amica della zia, molto amica, quindi è chiaro che se io dico al capo di gabinetto ‘Mi serve questo’, lo fanno, lo devono fare, va bene, basta”, diceva l’imprenditrice.

Lei (Elvira Amata ndr) no non me lo può dire, è già tanto che un ragazzino di niente ti guadagna 1.500 euro al mese… – aggiungeva – a me suo nipote mi costa un botto 800 euro al mese di affitto di camera… a meno no non lo può dire perché la scanno…”.

Perché Cannariato pronunciò tali parole? Sapeva di potere fare leva sull’assessora con la storia del nipote o, potrebbe essere questa la tesi difensiva, era un modo per risultare credibile e capace di incidere sulla machina dei finanziamenti agli occhi degli organizzatori dell’evento?


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