PALERMO – Alle ultime tornate elettorali qualcuno potrebbe avere “comprato” i voti dei palermitani. Niente soldi, ma promesse di posti di lavoro, pacchi di pasta, formaggi e altri generi alimentari.
È il fronte investigativo aperto dalla Procura di Palermo grazie ad alcune dichiarazioni raccolte dai pubblici ministeri. Qualcuno sa e avrebbe iniziato a parlare. La vicenda parte dalla figura di Giuseppe Bevilacqua, candidato alle comunali di aprile nella lista del Cantiere popolare, e rischia di allargarsi. I magistrati gli hanno notificato un avviso di garanzia per i reati di malversazione, appropriazione indebita e usura. Nel contesto di queste indagini sarebbero venute fuori alcune conversazioni telefoniche da cui emergerebbe il nome di due, o forse tre, politici impegnati ad accaparrarsi le preferenze in maniera illecita. Della presunta compravendita di voti si faceva cenno già nel periodo delle elezioni regionale di ottobre 2012, ma è sulle amministrative palermitane di alcuni mesi dopo che si concentrano le attenzioni dei pubblici ministeri Del Bene, Luise, Paci, Picozzi e Scaletta.
Pubblici ministeri che potrebbe avere in mano la carta decisiva: c’è qualcuno che sta collaborando con loro. Si è visto tirare in ballo e ha deciso di raccontare la sua verità. Le dichiarazioni sono al vaglio degli inquirenti. Vanno riscontrate una per una. Potrebbe trattarsi, infatti, di una collaborazione tutt’altro che spontanea. È presto per dirlo. Intanto, di certo, finora, c’è l’anomalo ritrovamento di generi alimentari nel corso di alcune perquisizioni. Nel patronato che Bevilacqua gestisce in via Antonio Marinuzzi i finanzieri del Nucleo di Polizia valutaria hanno trovato scatole di prodotti “non commercializzabili” che l’Unione europea destina alle famiglie povere. Si tratta del cibo distribuito dai volontari del “Banco opere di carità”, totalmente estranei alle indagini.
Il legale di Bevilavqua, l’avvocato Nino Caleca, sulle ipotesi di malversazione, usura e appropriazione indebita sostiene che si tratti di “episodi del 2011, di scarso rilievo e che saranno presto chiariti”.
I prodotti, secondo l’accusa, a volte sarebbero stati venduti sotto banco, in altre circostanze potrebbero essere serviti per accaparrarsi la preferenza elettorale dei nuovi poveri di Palermo. Merce per poche decine di euro in cambio della promessa di un voto. Le indagini si concentrano sulla popolosa fetta di città compresa fra l’ Acquasanta e Partanna Mondello. Non a caso ad occuparsene è lo stesso pool di magistrati che lavora alle inchieste sui clan mafiosi di quella zona.
Bevilaqua, 45 anni, impiegato Amat, si è candidato al consiglio comunale. È stato il primo dei non eletti con oltre 1100 voti. Per lui la possibilità di sedere a Sala delle Lapidi era davvero concreta, al di là delle mancata elezione. Uno scranno di Palazzo delle Aquile è occupato Marco Clemente, che è anche deputato regionale. Eppure Clemente, forse non casulamente, non ha fatto un passo inditero. Non ha lasciato il posto al collega di partito. Partito che potrebbe avere dettato la linea da seguire.
Il prossimo passaggio dell’inchiesta dovrebbe esse l’identificazione delle persone a cui sarebbero state date le derrate alimentari. I loro nomi potrebbero essere inclusi nei blocchetti trovati a casa di Bevilacqua. Forse gli stessi a cui il mancato consigliere comunale avrebbe prestato denaro.