PALERMO – Da un lato il giudice civile autorizza il blocco dei conti correnti. Dall’altro, in sede penale, la Corte d’appello dà il via libera alla restituzione di 18 miliardi di lire.
Protagonisti delle vicende giudiziarie, incrociate e dagli esiti opposti, sono il professore Salvatore Messina e la moglie Domenica Balsano, nomi noti nella Formazione professionale negli anni in cui i finanziamenti si ottenevano ancora in lire. Nelle scorse settimane la Corte di Cassazione non ha assolto i due coniugi, come sembrava emergere da una prima lettura della sentenza, ma ha confermato la prescrizione dei reati. O meglio ha assolto nel merito gli imputati dal reato di malversazione ai danni dello Stato, confermando, però, la prescrizione per una serie di truffe aggravate. I raggiri furono organizzati, ma si è perso troppo tempo per arrivare a una sentenza di condanna.
La prescrizione, però, non cancella le statuizioni civili. Il che significa che la Regione siciliana, costituitasi parte civile tramite l’Avvocatura dello Stato, ha diritto al risarcimento dei danni. Da qui la decisione del giudice civile che ha ordinato il sequestro conservativo di quasi sette milioni di euro depositati nei conti corrente intestati ai coniugi Messina.
Uno di questi, il più ricco, si trova alle Bahamas. Si tratta, però, dello stesso conto su cui è stato depositato anche il denaro frutto della malversazione ai danni dello Stato. Denaro di cui la Corte d’appello ha ordinato la restituzione. Perché da un lato Messina è stato assolto dall’accusa di avere utilizzato i soldi pubblici per dei corsi mai organizzati; dall’altro, le spese per gli stessi corsi sono state gonfiati a dismisura.
Un classico esempio di sperpero del denaro pubblico da parte di Messina come si leggeva nella motivazione della sentenza d’appello, resa definitiva dalla Cassazione: “I numerosi elementi probatori palesano le modalità operative della struttura facente capo a Messina, che con la piena collaborazione degli altri sodali, creava l’apparenza di spese mai realizzate dalle associazioni aggiudicatarie dei progetti, Innova e Istituto Mediterraneo, e a lui riferibili, al fine di legittimare l’erogazione di ingenti somme di denaro pubblico non dovute”.
Attorno alle due associazione ruotava il grande scandalo della formazione professionale degli anni ’90. La vicenda giudiziaria esplose nel 2004 quando gli investigatori passarono al setaccio affari e conti dei due enti formazione che facevano capo a Messina, docente a Parigi e Montreal.
I soldi incassati passavano da alcune società costituite in Inghilterra e Francia, e da qui nei paradisi fiscali. E così partì l’inchiesta con le ipotesi di truffa aggravata e malversazione. In primo grado arrivarono pene pesanti: Messina fu condannato a otto anni e la moglie, Domenica Balsano, a quattro anni. In appello le cose andarono diversamente.
La spugna della prescrizione cancellò i reati non solo per i coniugi Messina, ma anche per gli altri imputati: Massimo Deluccia, Alberto Borzì (per alcuni capi di imputazione arrivò l’assoluzione nel merito), Sarina Barbaccia, Isabelle Demconfin Reimers, Mario Gioeli, Serafino e Patrizia Palazzolo, Vincenzo Gualtiero Ardizzone.
Infine, il giudizio della Cassazione: non ci fu malversazione, ma Messina incassò alcuni miliardi di vecchie lire raggiorando la Regione siciliana. La sentenza dei supremi giudici, però, non ha scritto la parole fine sull’intrigata vicenda. Da un lato si bloccano i conti correnti di Messina e della moglie per garantire il risarcimento dei danni subiti dalla Regione e dall’altro viene ordinata la restituzione di una montagna di denaro.