"Così salviamo i bambini e le loro madri" |Un giorno alla Culla per la vita - Live Sicilia

“Così salviamo i bambini e le loro madri” |Un giorno alla Culla per la vita

La neonata gettata nel cassonetto dalla madre. Le donne che tornano indietro. Quelle che scelgono di partorire in anonimato. Il primario di Neonatologia del Civico racconta il mondo che si dà da fare per salvare i bambini appena nati.

PALERMO – “È mai successo che qualche donna sia tornata pentita?”. È il primario di neonatologia e terapia intensiva dell’Ospedale Civico di Palermo, Marcello Vitaliti, a rispondere. È il medico che ha prestato soccorso alla neonata gettata nel cassonetto dalla madre. “Se questa culla fosse stata conosciuta quanto basta, possibilmente avrebbe strappato alla morte la piccola Giorgia”. È neonatologo da oltre trent’anni e di casi come questi ne ha visti molti. “L’ho voluta fortemente la culla per la vita, è un un’opportunità di estrema civiltà”.
Si possono salvare molte vite così. E qualche volta c’è chi torna indietro. “Era il 2008, mi trovavo a Marsala. La donna non era una nostra connazionale e aveva problemi economici – racconta il primario -. Le trovammo una sistemazione alberghiera, alcuni lavoretti, così da poter garantire sussistenza a lei e al piccolo. È stata un’esperienza molto bella, per chi fa terapia intensiva e ha dedicato la propria esistenza ai bambini conosce l’importanza di avere una madre. Essere riuscito a far recuperare questo è stato un valore enorme”. Storie di madri e figli, d’abbandono e rinascita.
Ma quante donne ne fanno davvero uso? “Da quando è stata donata la culla termica da Inner Wheel Italia lo scorso anno, nessuna donna ha sfruttato questa possibilità”. E se da un lato il dato è consolante, dall’altro fa emergere un aspetto occulto. “Questo può significare che le madri con gravidanze indesiderate si liberino del bambino gettandolo in un cassonetto o altrove” constata il Dottor Vitaliti. “Se dovessi fare una statistica invece di neonati affidati in adozione dopo un parto assistito e in assoluto anonimato, direi che annualmente arriviamo a una decina di casi”.
La struttura è attiva da un anno. Si trova di fianco al capolinea dell’Amat, in piazza Nicola Leotta, vicino all’ingresso principale dell’Ospedale Civico di Palermo. È in un angolo appartato, lontana da occhi indiscreti e telecamere che non garantirebbero l’assoluto anonimato a tutte quelle mamme che abbandonano i figli non riconosciuti. Al civico 8, un cancello verde accoglie una nuova vita strappandola a una fine infelice. Qualche scalino, “le istruzioni per l’uso” e la finestra che è un passepartout di tutela per quei neonati che da lì a poco verranno dati in adozione. Una volta aperta facendo pressione su un bottone rosso, allocato il bambino nella culla termica e riscaldata, alcuni sensori collegati lanciano un allarme all’unità operativa di Neonatologia del nosocomio. Il personale di servizio, tra medici e paramedici, presta il primo soccorso. La culla è dotata di ogni bene di prima necessità come pannolini, tutine e coperte.
La “culla d’accoglienza”, tuttavia, è l’estrema ratio. Oggi la legge consente alle mamme di partorire in forma anonima, proteggendo la loro privacy e quella del figlio. “La “donna che non vuole essere nominata”, può lasciare il figlio al nido e sarà nostra cura prenderlo in consegna – spiega Vitaliti -. Se dopo il percorso psicologico la donna è convinta della sua scelta, procediamo con una segnalazione al tribunale dei minori, molto solerte in quest’iter, che ci nomina come tutori transitori fino a quando il bambino non viene consegnato alla casa famiglia in attesa d’adozione”.


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