CATANIA – Due colpi di pistola in testa per uccidere la sorella. La Direzione distrettuale antimafia della Procura della Repubblica di Catania è certa di avere risolto un cold case del 1995. I carabinieri della compagnia di Paternò hanno arrestato Alessandro Alleruzzo, 47 anni, per l’omicidio della sorella Nunzia.
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Il movente? Riscattare l’onore della famiglia mafiosa oltraggiato dalle relazioni extraconiugali di Nunzia con personaggi legati alle famiglie mafiose nemiche.
Alessandro Alleruzzo è il figlio del boss Giuseppe, ormai deceduto, che negli anni ’70 e ‘80 guidava il gruppo paternese di Cosa Nostra. Un gruppo al centro di numerose faide sanguinose e legato ai Santapaola. Quando gli uccisero la moglie e uno dei figli, Giuseppe Alleruzzo decise di collaborare con la giustizia.
Alessandro Alleruzzo è anche cugino di Santo Alleruzzo, 64 anni, detto “a vipera” considerato il reggente del clan fino al suo ultimo arresto avvenuto nell’ambito della operazione “Sotto Scacco”.
Il 25 marzo del 1998 militari del Nucleo operativo della Compagnia di Paternò avevano ricevuto due telefonate anonime (Santo Alleruzzo aveva ordinato ad Alessandro di far ritrovare il corpo della sorella per darle una degna sepoltura): in un pozzo nelle campagne di Paternò c’erano resti ossei di una donna, in particolare il teschio con due fuori provocati dai colpi di pistola calibro 7.65.
Il giorno della scomparsa il figlio di 5 anni disse di avere visto la mamma uscire di casa con suo zio Alessandro. Solo recentemente, però, sono arrivate le dichiarazioni di tre collaboratori di giustizia: Francesco Bonomo, Antonino Giuseppe Caliò e Orazio Farina.
Bonomo ha detto di aver saputo da Giovanni Messina e da Caliò che l’omicidio di Nunzia era stato commesso dal fratello Alessandro. Caliò ha aggiunto di averlo saputo dallo stesso Alessandro Alleruzzo, il quale gli aveva raccontato di essersi sporcato di sangue e terra perché aveva dovuto trascinare il corpo.
Farina ha precisato che tra le relazioni contestate a Nunzia c’era anche quella con Messina, componente del gruppo, che aveva ucciso la madre e pianificava di eliminare lo stesso Alessandro.
Pochi mesi fa i carabinieri hanno raccolto le testimonianze dei parenti di vittima e presunto carnefice, caratterizzate da ritrattazioni sospette. Sono state anche piazzate le microspie nel carcere Asti e sono stati intercettati Giovanni Messina e Salvatore Assinata. Quando il 9 febbraio scorso sulla stampa si scrisse della riapertura delle indagini, i due commentavano: “mi rissi…o iddi pavunu…e Alessandro è il mandante…ehh… ammazzau… ehh”.