Palermo e l’Ars ricordano Leonardo Sciascia. Con un evento a cui prenderà parte da remoto Emma Bonino. La cerimonia di commemorazione dello scrittore è in programma a Palazzo dei Normanni domani, 11 giugno, alle 14,30, con gli interventi di Gianfranco Miccichè, presidente dell’Assemblea regionale siciliana, e di Emma Bonino, senatrice e presidente del Comitato nazionale del centenario sciasciano. E alle 15.30 l’ultima delle “Letture Massimo Bordin” per ricordare il Maestro di Racalmuto a cent’anni dalla nascita.
Con Emma Bonino parliamo di Sciascia, delle sue profetiche battaglie per una giustizia giusta e dell’attualità del suo lascito ma anche del futuro della politica italiana e di Mario Draghi.
Emma Bonino, come spieghiamo magari ai più giovani che non lo ricordano, cosa ha significato Leonardo Sciascia per l’Italia
“Innanzitutto, un consiglio e un suggerimento: non sono libri di cinquecento pagine, sono libri densi, in cui ogni parola ha un significato, leggeteli. Magari vi capita quello che è successo a me, dopo aver letto A ciascuno il suo e Il giorno della civetta, mi sono innamorata della Sicilia, non solo di Sciascia, e poi infatti ho letto altro, I Malavoglia, il Gattopardo e tutto quello che mi poteva capitare. Sciascia conosceva bene le cose della Sicilia ma aveva uno sguardo europeo. La sua ossessione sulla giustizia e sullo stato di diritto sono di un’attualità impressionante”.
Ecco, non pensa che quelle battaglie e quei valori che poi avvicinarono Sciascia e voi radicali stiano vivendo oggi un momento particolarmente proficuo?
“Si spera, perché a forza di mala giustizia si spera che qualcuno si svegli, e non solo i radicali, e prenda più coraggio. I casi di carcerazione ingiusta sono mille all’anno, ma si rende conto di mille persone a cui viene distrutta la vita, dal punto di vista emotivo, imprenditoriale, finiscono in carcere e poi scusi tanto e arrivederci, C’è poi un minimo di risarcimento ma nessuno potrà risarcirmi il danno di essere stato sbattuto in carcere”.
Sciascia disse che ai magistrati di prima nomina si dovevano imporre tre giorni di carcere perché gli sarebbe stato utile nella loro carriera.
“Sì, così capiscono un po’ cos’è il carcere. Almeno qualche visita farebbe bene”.
Giovanni Fiandaca ci ha detto qualche giorno fa che potremmo finalmente uscire da quella che lui chiama la “rozza demagogia punitiva” verso un diritto penale che si riavvicini alla Costituzione.
“Sì, perché la privazione della libertà non dovrebbe essere privazione della dignità. Ma per quanto denunciato da Rita Bernardini, dall’associazionismo, il carcere lo è diventato. Se poi uno è innocente, pensi un po’. Ma anche per chi è colpevole il carcere non può essere la privazione della dignità. Su questo si fa orecchie da mercante e c’è sempre qualcuno che pensa che se uno è andato in carcere qualcosa l’ha fatta, ci sono quelli che pensano che non esistono gi innocenti ma i colpevoli che non sono stati scoperti”.
È stato un sentimento maggioritario in questi anni in Italia. Ma forse la musica sta cambiando.
“Abbiamo avuto i 5 Stelle, Salvini, il cappio in parlamento, tutta una serie di stupidaggini del populismo giustizialista: ora, dopo tante battaglie, vedo segnali di ritorno indietro e me ne compiaccio, come faccio sempre quando avversari raggiungono le posizioni che io ho sempre sostenuto. La giustizia è uno dei pilastri di una democrazia liberale. E la giustizia malata non è solo Palamara o Amara, e qui c’è di mezzo la fiducia dei cittadini nello Stato. Non è il momento di mettere solo dei cerotti ma di affrontare i nodi”.
I propositi di riforma della ministra Cartabia non fanno ben sperare? Il comitati presieduto da Lattanzi sta tirando fuori proposte molto interessanti.
“Speriamo, io le devo vedere e se risolvono i problemi posti dai referendum le appoggerò. Se quei temi non vengono affrontati, non so per quale ragione, allora sarà benvenuto il sostegno popolare per farlo”.
Cioè, allora toccherebbe ai referendum.
“Certo”.
Non ha paura che siano strumentalizzati, che possano minare il governo? È un’obiezione che ho sentito in giro.
“Anche fare niente può essere strumentalizzato. È meglio il fine processo mai? Vedremo cosa vogliono fare tutti. Non sono giudice delle coscienze altrui, già ho da fare a essere coerente con la mia. Il combinato disposto delle proposte della signora ministro più il referendum mi auguro ci faccia girare una pagina ingiusta e dolorosa del nostro sistema. Che poi, sia chiaro, il problema non è solo della giustizia penale, è anche la giustizia civile, un altro incubo, che scoraggia gli investimenti non solo degli stranie rima anche degli italiani”.
Con Sciascia domani ricorderete anche il giornalista Massimo Bordin.
“Sì, perché durante tutto il periodo in cui Sciascia è stato politicamente attivo, in anni importanti e dolorosi, le interviste e le lettura di Bordin erano un grande faro. Mentre tutto era buio e circolavano le cose più orribili”.
Manca Bordin…
“Sì manca Sciascia, manca Massimo Bordin, mi manca Pannella. Mi manca anche Battiato. Capisco che è la mia generazione, siamo tutti vecchi e bisogna pur morire. Ma mi mancano. Non perché io saprei dire cosa direbbe Sciascia adesso, me ne guardo bene, ma certamente sarebbe stato un faro”.
Lei ha fondato un movimento che si chiama più Europa, ma da liberale condivide l’idea di un’Europa con un po’ meno stato e un po’ più libertà per gli individui?
“Quello dipende dagli stati nazionali, l’Europa sulla libertà dei cittadini non ha competenza. Tant’è vero che quando si tenta di richiamare l’Ungheria o la Polonia, ad esempio,l’Europa non ha molti mezzi. Certo, c’è la Corte di giustizia, che è stata giustamente severa anche con l’Italia. Per noi che ci battiamo per questi valori, le sentenze della Corte sono molto importanti”.
A proposito, com’è finita con Più Europa? Lei aveva preso le distanze…
“La turbolenza dei partiti non risparmia nessuno. Io mi auguro che il congresso tra poco risolva tutto e che sia quella che Pannella chiamava una crisi di crescita. Evidentemente per quanto piccola, Più Europa fa gola dall’interno o dall’sterno. Io mi auguro che saranno capaci di tenere la barra dritta senza piaggerie e insulti e mi auguro che vada avanti”.
Magari stringendo il rapporto con Azione?
“Dipende dalla legge elettorale. In un Parlamento in cui 200 tra deputati e senatori hanno cambiato partito non è facile…”.
Non le piacerebbe l’idea di un polo liberale alternativo al “bi-populismo”?
“Per me è una battaglia di una vita e l’ho sempre persa. L’obiettivo di un partito radicale e liberale che fosse abbastanza forte da potere influenzare qualunque governo di centrodestra e centrosinistra. Questo resta la mia speranza, agganciata all’Europa”.
Cosa si augura per Mario Draghi?
“Che rimanga lì, per favore, e ci aiuti ad andare fino in fondo sulle riforme. Io gliel’ho detto in Senato che gli starò accanto nella buona e nella cattiva sorte. Spero che ci aiuterà a mettere in atto le riforme, sono fondamentali”.
Anche dopo la fine di questa legislatura?
“Questo dipenderà da lui”.