Con Giovanni Falcone in vita, certe brave persone si lamentavano e scrivevano lettere ai giornali. Si lagnavano della scorta rumorosa dei giudici, nemica della serenità domestica dei vicini, perciò auspicavano per i magistrati un unico condominio fuori porta sorvegliato da guardie armate fino ai denti. Un carcere.
Lo sfregio all’Albero Falcone è stato solo l’ultimo di una lunga serie di atti ostili perpetrati dalla città nei confronti del magistrato ucciso con moglie e scorta a Capaci. L’elenco delle zone d’ombra è lungo. Ci sono gli articoli di stampa che lo crocifissero. C’è l’incredulità di molti dopo il mancato attentato all’Addaura, considerato un’auto-intimidazione per finire sui giornali e avanzare in carriera (e una sentenza della Cassazione ha fatto giustizia in merito). E c’è il silenzio, il sudario con cui abbiamo avvolto l’Albero Falcone in tutti questi anni. Chi se ne ricordava più ormai? Un monumento tra i monumenti, messi lì a riempirsi di polvere vera o metaforica. Giovanni Falcone ignorato nella sua nobile e vitale consistenza arborea, nel segno di un amore che continua. C’è voluto l’ignobile gesto di un ancora anonimo sfregiatore per scuotere la nostra dimenticanza, pure lei ignobile (pare che sia stata una homeless. Nel caso, ignobile resterà il gesto. Ma la colpevole merita compassione e comprensione).
Intanto come chiamarlo? Come scriverlo? Albero Falcone, tutto maiuscolo come per un nome e un cognome, albero Falcone, retrocedendo il primo elemento a segno di cosa e non di persona? Chi scrive, lo scrive tutto maiuscolo. Possiamo imparare qualcosa da quell’Albero solo se lo consideriamo una persona, o il nome e il fiato di una persona. Di cose sistemate per ricordare i morti e poi scordarli meglio abbiamo gli occhi pieni. E ne facciamo volentieri a meno.
Dunque, l’Albero Falcone è rifiorito, dopo la potatura. E’ arrivato pure un messaggio del Capo dello Stato. I palermitani si sono sentiti percossi dalla sua improvvisa nudità, che ha denunciato la nudità della memoria, e hanno reagito. Una buona novella. L’Albero, alla luce della luna, ieri respirava di nuovo. Era vivo.
La speranza è che nessuno lo uccida più: con l’azione violenta delle mani, con l’indifferenza ipocrita della mente e del cuore.