A qualcuno piace (ancora) Totò - Live Sicilia

A qualcuno piace (ancora) Totò

Il nome di Totò Cuffaro ricorre spesso tra i commenti dei lettori che partecipano al sondaggio sul siciliano dell'anno. E molti pensano all'ex governatore con gratitudine. Perché?

 

La riflessione
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PALERMO- Tra i nomi dei siciliani dell’anno indicati dai lettori di Livesicilia, spunta, prepotente, quello di Totò Cuffaro. E’ il caso di chiedersi perché. Parliamo di un già presidente della Regione la cui storia è nota. Da politico è stato un campione di clientelismo, non il solo, ma il suo possedeva una tecnica di assorbimento tale da meritare la creazione di un neologismo: il Cuffarismo. La vicenda giudiziaria è sintetizzata dalle sbarre del carcere di Rebibbia che imprigionano un ex potente, condannato in via definitiva per l’appoggio alla mafia. Clientelare e colluso. Allora perché tanti lettori di Livesicilia e molti siciliani considerano il personaggio in questione un esponente degno di memoria nell’anno appena trascorso? E non nel male. I commenti sono quasi sempre adornati da un “Grande Totò” o un “Viva Totò” che non lasciano alibi.

Una parte del consenso è fisiologica. Le modalità della sentenza hanno lasciato più di qualche perplessità. La Cassazione ha scelto di oltrepassare il limite che ha permesso lo spalancarsi della porta di una cella. Totò Cuffaro è poi – per opinione diffusa – uno dei pochi politici che abbiano pagato per le proprie malefatte. Ce n’è abbastanza – sempre per opinione diffusa – per trasformarlo in martire della giustizia. Per provare rabbia, considerando l’eccellenza reclusa a Rebibbia alla stregua dell’agnello sacrificale di un sistema corrotto e dimenticando che per un giudice contano le carte processuali. Cuffaro è stato un imputato ed è un detenuto modello. Non ha polemizzato con la magistratura. Ha conservato intatta la sua dignità in un momento tragico per sé e per la sua famiglia. Ha varcato la soglia di un’altra vita, accettando l’amaro calice, sorretto dalla fede. Parrebbe normale. Nel panorama di oggi è un prodigio di civica compostezza. Nell’attimo del suo crollo l’ex governatore è stato un sincero interprete delle regole del gioco di uno stato democratico, forse per la prima volta nella sua lunga carriera.

Ma c’è un altro motivo che trascina il plauso e l’affetto. Totò Cuffaro è l’emblema di ciò che ancora la politica rappresenta alle nostre latitudini. Il simbolo del paternalismo, della scorciatoia, dell’accomodamento. Il capo che, con un buffetto sulla guancia o con una vasata, elargisce il favore, piuttosto che il diritto. Non il presidente della Sicilia. Il presidente dei siciliani, uno per uno, ricevuti in anticamera, comunicati di sacralità nell’incontro col sovrano. Da noi la democrazia scopre il rapporto con l’uomo al comando nello spazio di uno stanzino, mai nei luoghi deputati. Su questo dovremmo riflettere.


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