PALERMO – “Ennesima legge siciliana impugnata. Questa volta tocca all’acqua. A proposito di credibilità”. Non perde tempo Davide Faraone per attaccare il governo regionale dopo la notizia (annunciata) dell’impugnativa da parte del consiglio dei ministri della legge regionale sull’acqua.
“Nemo propheta in patria, è proprio il caso di dirlo. Quando parlo di credibilità della Sicilia parlo proprio di questo: non ha senso fare riforme se si sa in partenza che quelle riforme poggiano su presupposti sbagliati. Ennesimo capitolo di una saga che va avanti da troppo tempo: oggi il governo nazionale impugna la legge sull’acqua”, scrive su facebook il sottosegretario, che è impegnato, con la sua area, in un braccio di ferro con il presidente della Regione, che, nei desiderata dei renziani, dovrebbe portare al voto anticipato.
Faraone ricorda che “la legge viene impugnata per una serie di criticità che erano già evidenti prima del voto finale dell’Ars. Lo scorso agosto, a pochi giorni dall’ultimo passaggio in aula, dichiaravamo pochi e semplici concetti: ‘L’acqua è pubblica. Abbattere i totem ideologici è la prima condizione per fare nuove leggi. I cittadini devono pagare il giusto e il servizio deve essere efficiente. Quindi basta un solo ambito e non nove, un solo gestore per sub-ambito e non 390, uno per ogni comune siciliano. Non ci appassionano i dibattiti sulla burocrazia e sulle poltrone. Facciamo leggi buone per i siciliani in virtù della nostra autonomia, non facciamoci condizionare dai vizi della specialità’. Sono passati appena tre mesi e tutto quello che avevamo detto si è verificato sotto i nostri occhi. Increduli”.
A sollevare perplessità durante l’iter di approvazione della legge all’Ars non era stato solo il sottosegretario ma anche lo stesso assessore al ramo, Vania Contrafatto. “Qui nessuno vuole fare la Cassandra della situazione. Fare le riforme non deve essere il disbrigo svogliato di un compito in classe mal digerito. La Sicilia faccia le riforme per i siciliani”, conclude il sottosegretario.

