È morto a Roma Vincenzo Cerami, scrittore e sceneggiatore. Aveva 72 anni, era malato da tempo.
Che bravo che era Vincenzo Cerami. E che grande cinema sapeva scrivere. Lui che alla scrittura ha dedicato una vita, da giornalista prima, e da scrittore e sceneggiatore poi. Non solo nel fortunato binomio con Roberto Benigni, insieme al quale scrisse pagine memorabili del nostro cinema.
Era figlio di siciliani Cerami. Era stato aiuto regista di Pier Paolo Pasolini e aveva sposato la cugina del regista e poeta. Da sceneggiatore aveva firmato film intelligenti, diretti da registi come Monicelli, Scola, Amelio. Mostri sacri, insomma. Era arrivato persino alla nomination all’Oscar, per La vita è bella, scritto con Roberto Benigni, statuetta che l’Academy gli rubò preferendogli quell’anno uno script senz’altro non altrettanto originale e memorabile. Autore di romanzi, racconti, spettacoli teatrali, canzoni, Cerami era scrittore a tutto tondo. Un mese fa ricevette il David di Donatello alla carriera. Lo ritirarono per lui Benigni e Nicola Piovani, la sua salute non gli consentì di esserci.
Una quindicina d’anni fa fa ebbi l’occasione di trascorrere una giornata con lui. Con un amico lo andammo a prendere all’aeroporto di Palermo per poi accompagnarlo a Castelvetrano, dove dovevano consegnargli un premio. Lui era già grandissimo, la firma del capolavoro Un borghese piccolo piccolo, che Monicelli traspose in film esaltando l’arte di un immenso Sordi, e del sempreverde Johnny Stecchino, nel quale con la sua sicilianità aveva tanto giocato insieme all’amico Benigni. Del suo essere “siciliano” chiacchierammo quel giorno, mangiando in una trattoria fuori mano, lo scrittore famoso e due ventenni qualsiasi. E Cerami si rivelò uomo affabile, cordiale, dalla simpatia semplice e apparentemente dimessa. Chiacchierò a lungo con noi, informandosi delle nostre fidanzate e raccontandoci dei suoi parenti siculi. Ci lasciò il suo numero di casa e lo chiamai dopo aver visto La vita è bella, per dirgli quanto mi fosse piaciuto. “Gli americani lo ameranno”, gli pronosticai (facile pronostico). “E speriamo”, rispose lui. Pochi mesi dopo arrivarono gli Oscar.
“Un grande architetto della scrittura”, lo ha definito Marco Bellocchio. E basta pensare a quel gioiello di sceneggiatura di Johnny Stecchino, ai suoi intrecci giocati su calembour ed equivoci fulminanti e indimenticabili, per cogliere il senso di questa definizione. Già, Johnny Stecchino. E l’indimenticabile scena in auto con “lo Zio”, l’ottimo Paolo Bonacelli, quella delle tre piaghe della Sicilia. Quella del “ciaffico tentacolare”, piccola gemma che trasfigurava l’omertà sicula in un esilarante trionfo del grottesco. Quel giorno degli anni ’90, arrivammo in aeroporto con qualche minuto di ritardo. Cerami era già sceso dall’aereo e ci aspettava. “Mi scusi per il ritardo, maestro, ma qui in Sicilia, lei lo sa, abbiamo una grande piaga…”, gli dissi, strappandogli un sorriso bonario. Rispose senza esitare, con il giusto tempo cinematografico: “La siccità?”.