CATANIA. I comportamenti dell’imputato, le presunte pressioni che avrebbe esercitato sulla famiglia di Agata Scuto, la ventiduenne disabile di Acireale sparita nel nulla undici anni fa, per ritirare la denuncia di scomparsa, convincendoli di averla vista. E quella frase detta quasi ingenuamente dalla ragazza, che avrebbe parlato a casa di un ritardo nel ciclo mestruale confermando, in qualche modo, il sospetto di una gravidanza. Sono alcuni dei temi trattati nella nuova udienza del processo a carico di Rosario Palermo, 61 anni, l’ex compagno della madre della vittima accusato dell’omicidio di Agata, che avrebbe ucciso, secondo la Procura di Catania, affinché non si sapesse che propri lui l’aveva messa incinta.
Il ritiro della denuncia
In aula è stato interrogato un fratello di Agata, colui che assieme alla madre andò dai carabinieri a ritirare la denuncia di scomparsa. E ai militari Cristian Scuto quel giorno disse di aver visto personalmente, lui e la madre, la sorella. Una tesi divergente rispetto a quanto sostenuto oggi e oggetto di forti contestazioni da parte del difensore di Palermo, l’avvocato Marco Tringali. Di fronte ai giudici della Corte d’assise, adesso, il giovane ha sostenuto di essere andato in caserma su indicazione dell’imputato. Una ricostruzione che non ha convinto affatto la difesa e che è stata oggetto di domande anche da parte del presidente della Corte d’assise.
L’imputata a piede libero
Imputata a piede libero, in aula, è anche una donna catanese, accusata di favoreggiamento a Palermo. Le indagini sono state condotte dai carabinieri della Compagnia di Acireale e del reparto operativo del Comando provinciale di Catania. L’imputato è difeso dall’avvocato Marco Tringali del foro di Catania e si è sempre professato innocente. Le indagini sulla sparizione di Agata Scuto, si ricorda, erano state riaperte dopo l’arrivo di una segnalazione alla trasmissione Chi l’ha visto. Il corpo della ragazza non è mai stato trovato.
L’alibi
Secondo gli investigatori, Palermo avrebbe cercato di crearsi un alibi per il giorno della scomparsa, ma questo non avrebbe fatto altro che acuire i loro sospetti; prima che arrivasse l’elemento principale: delle dichiarazioni ritenute autoaccusatorie dell’imputato, che parlando da solo, in macchina, a un certo punto dice che avrebbe preso l’ergastolo, prima di simulare la voce di un giudice che lo assolve dicendogli: lo sappiamo che non sei stato tu. A gennaio sarà sentito il fratello di Agata, oltre ad altri testi del pm. In aula sono parte civile i familiari della vittima.
Il fratello di Agata ha parlato poi anche dei comportamenti della sorella e del suo stato di disabilità. La ragazza, secondo quanto spiegato da lui e da un’altra teste, non sarebbe stata in grado di vivere da sola, perché estremamente fragile; eppure qualche giorno dopo essere sparita avrebbe risposto al telefono dicendo di essere fuggita con un ragazzo, che presto lo avrebbe fatto conoscere alla sua famiglia.