PALERMO – La Sicilia crocevia decisivo per lo scenario politico nazionale. E in particolare per due dei protagonisti della scena politica di questi anni, Matteo Renzi e Angelino Alfano. La sfida delle Regionali di novembre potrebbe rivelarsi un bivio cruciale per l’ex premier e per il ministro degli Esteri, il tandem che ha fatto il bello e il cattivo tempo in questa legislatura e che oggi, su fronti diversi, combatte per la sopravvivenza politica.
Alle prese con le consuete turbolenze interne, Matteo Renzi deve guardare al test elettorale siciliano con preoccupazione. Il suo Pd è reduce da un quinquennio tutt’altro che entusiasmante nei governi di Rosario Crocetta. La carta per salvarsi dal disastro si chiamava Piero Grasso. Ma sfumata la prospettiva di elezioni politiche anticipate, quelle che Renzi ha cercato invano, è al momento evaporata anche l’ipotesi della candidatura del presidente del Senato. E ora il Pd brancola nel buio alla ricerca di un piano B che ancora non si vede.
Secondo una ricostruzione del Fatto quotidiano la fronda interna al segretario aspetta la sconfitta siciliana per farlo fuori. Sarebbe l’ennesima batosta alle urne per Renzi dopo referendum e amministrative. Il quotidiano di Travaglio attribuisce a Dario Franceschini il ruolo di capo dei congiurati. Di certo, i rapporti tra il ministro e Renzi sono molto tesi. Nell’Isola, l’uomo di Franceschini è Giuseppe Lupo, che come il suo capocorrente predica l’alleanza larga e la ricostruzione del centrosinistra. Ma la pratica siciliana è ormai gestita dal Nazareno, con in prima linea insieme al renziano doc Davide Faraone anche Lorenzo Guerini e Matteo Orfini. Tutti impegnati a trovare una soluzione che non faccia partire il Pd già sconfitto e tuteli Renzi dal redde rationem interno. Di certo, un eventuale smacco in Sicilia, magari un arrivo al terzo posto, sarebbe una batosta pesantissima per l’ex Rottamatore.
Ecco perché negli ultimi giorni il pressing su Grasso è tornato asfissiante. I renziani credono che l’ex procuratore antimafia sia l’unica carta per scongiurare la disfatta. E sono tornati alla carica, evidentemente perché intravedono una possibilità di riuscita del pressing. Certo, sarebbe una giravolta clamorosa per Grasso, una di quelle cose che a un politico ‘normale’ si rinfacciano a oltranza, ma il presidente del Senato se la caverebbe tra gli applausi. Qualcuno già parla della prospettiva di una sospensione delle funzioni: una forzatura istituzionale senza precedenti immaginabile solo con la spregiudicatezza politica di un Renzi costretto a far di tutto per non cedere lo scalpo ai nemici interni. Si presterà un uomo delle Istituzioni come Grasso a questa operazione?
Lotta per la vita (politica) anche Angelino Alfano. Con la legislatura che volge al termine e il volgere al termine dell’effetto poltrona che ha tenuto in vita il suo partito di fuoriusciti, il ministro deve giocarsi la partita decisiva nell’Isola. Renzi e Berlusconi gliel’hanno giurata e non c’è altro modo di tentare di sopravvivere per Angelino e anche per il plotoncino centrista di Pierferdinando Casini, di dare prova di esistenza in vita, e di peso elettorale, in Sicilia.
Alfaniani e casiniani sono d’accordo nel dar vita a un’unica lista centrista. E l’interlocuzione è aperta per aprire anche ad altri moderati, dal Cantiere popolare di Saverio Romano all’Udc di Cesa, che in Sicilia conta su un paio di nomi pesanti sui territori. L’obiettivo è acquistare centralità e giocare il ruolo di ago nella bilancia della sfida delle Regionali, magari riuscendo anche a imporre un proprio candidato, e puntando a un risultato a doppia cifra. Per poi provare a sedersi a Roma a una trattativa che consenta alle Politiche di non essere spazzati via da un nuovo patto del Nazareno. Un buon risultato in Sicilia potrebbe non bastare, ma senza la via dell’estinzione è pressoché tracciata. Tra il dire e il fare c’è di mezzo Grasso. Con lui in campo D’Alia sceglierebbe quel campo. E tutto cambierebbe per Angelino, il cui destino ancora una volta si intreccia con quello di Renzi.