"In stanza con il mio amico Angelo Ferrante, offensivo rifiutare il vaccino"

“In stanza con il mio amico Angelo, offensivo rifiutare il vaccino”

La testimonianza di un collega e amico del reumatologo ucciso dal Covid.

PALERMO- “Conoscevo Angelo Ferrante (nella foto) come collega e docente più giovane essendo entrambi componenti della stessa comunità accademica medica, dello stesso Dipartimento e della stessa azienda ospedaliera, e ne apprezzavo le qualità professionali e accademiche pur senza avere mai approfondito la nostra frequentazione. Qui non racconterò delle Sue qualità didattico-scientifiche né di quelle clinico-terapeutiche, ma solo di alcuni giorni vissuti insieme, intensamente come solo possono esserlo le giornate che due compagni di malattia in un reparto di isolamento, durante una tragica pandemia, possono condividere nella stessa stanza di ospedale, collegati allo stesso flusso di ossigeno e con l’unica compagnia di essi stessi”.

E’ l’incipit commosso e lucido di una testimonianza consegnata al sito dell’Università di Palermo dal professore Francesco Vitale, ordinario di Igiene e medicina preventiva all’Università di Palermo e responsabile dell’Uoc (Unità operativa complessa) di Epidemiologia clinica del Policlinico ‘Paolo Giaccone’. E’ la storia di due compagni di Covid. Francesco Vitale è riuscito a riemergere. Il professore Angelo Ferrante, reumatologo conosciuto per scienza e sensibilità, ha detto addio alla vita. Questa lettera è anche un invito a non mancare di rispetto ai morti. Leggiamone alcuna passi.

“Angelo era in una stanza con un paziente anziano e particolarmente sofferente mentre io ero in una fase di miglioramento dalla malattia che mi consentiva anche di potergli eventualmente essere di aiuto. Pertanto, condividemmo la stanza di degenza per cinque giorni con grande piacere di entrambi. In quei cinque giorni imparai a conoscere il lato umano di Angelo Ferrante, il suo carattere riservato ma sincero, le sue paure derivanti dalla consapevolezza della malattia e della propria vulnerabilità ma anche la sua volontà determinata a volerla superare per poter tornare presto alla sua adorata famiglia ed al suo lavoro, i suoi modi gentili e il garbo con cui si rivolgeva al personale di assistenza sempre come ‘paziente’ e mai come medico, la sua iniziale timidezza, poi diventata confidenza, nel chiedermi se potevo aiutarlo a staccare l’ossigeno dall’erogatore a parete per attaccarlo al bombolino ed accompagnarlo in bagno. Angelo era una persona che si faceva davvero amare da tutti coloro che avevano la fortuna di interagire con lui ed i giorni passati insieme sono di quelli che non si possono dimenticare per intensità di emozioni e sentimenti. Quando, il 18 novembre, sono stato dimesso ci siamo abbracciati e promessi che ci saremmo ritrovati fuori da quella stanza per festeggiare l’uscita reciproca da quell’incubo di isolamento dell’anima, oltre che fisico, che è il Covid, ma ci siamo solo sentiti per messaggi e mai più rivisti”.

“Dopo qualche settimana di reparto, infatti, Angelo si è aggravato ed è entrato in una spirale di assistenza intensiva durata 4 mesi, perlopiù in stato di incoscienza, che ha affrontato con forza e coraggio, dando a coloro che lo seguivano, prima fra tutti Giuliana Guggino, sua cara amica e collega che dava notizie a tutti noi, la speranza di vincere questa battaglia. Ma non è stato fortunato. Oggi, 11 aprile 2021, ho rivisto Angelo in camera mortuaria ed ho rivissuto alcuni momenti passati insieme che voglio dedicare alla sua memoria, all’esempio di compostezza con cui ha affrontato un destino che non gli ha concesso, temporalmente, l’aiuto di una vaccinazione che avrebbe potuto salvarlo insieme con le altre centinaia di persone che ogni giorno muoiono di Covid nel nostro Paese, a monito perenne per tutti quelli che oggi si permettono di rifiutarla sulla base di opinioni personali non motivate razionalmente, che, nella situazione di emergenza sanitaria che ancora viviamo, suona offensivo per chi ha rischiato la vita o l’ha persa a causa di questo maledetto virus”.

Al telefono, il professore Vitale dice: “Ho scritto questo messaggio in ricordo di un amico, ma soprattutto per riaffermare un punto: vaccinarsi è anche un dovere morale che dobbiamo a chi non ha avuto la nostra stessa fortuna. Io, ieri, in Fiera, ho vaccinato mia moglie con AstraZeneca”. Nella differenza dei destini, lo strappo: uno è tornato alla sua vita, l’altro no. Angelo Ferrante era un uomo capace di ascolto e di cura. Aveva cinquantadue anni. Lascia la famiglia, gli amici, i pazienti e un cratere di rimpianti.


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