Anna che tornò a scuola | per amore di suo figlio - Live Sicilia

Anna che tornò a scuola | per amore di suo figlio

Un giorno, Luca si chiude in casa. Smette di parlare con la gente. E di andare a scuola. Dice che ci torna solo se accompagnato da sua madre.

Anna ha cinquant’anni. Fino a un anno fa, aveva anche un lavoro che le piaceva. Poi un giorno si è licenziata ed è tornata sui banchi di scuola. Lo ha fatto per stare accanto a suo figlio, Luca, un ragazzino di 15 anni affetto da sindrome di Down con disturbo da deficit di attenzione, iperattività e comportamenti oppositori e provocatori. “Un figlio ti cambia la vita. Può farlo in meglio o in peggio, ma questo non dipende mai da te”, esordisce, mentre raccoglie i fogli del libro che Luca ha appena strappato. “È difficile ripercorrere gli ultimi anni della mia vita – dice – la nascita di mio figlio accompagnata dalla diagnosi e la realtà da affrontare: quindici anni di incontri con medici, cure e terapie, di speranze e delusioni. Ho sempre trovato conforto nel lavoro, ma adesso non c’è più neanche quello. Ho solo Luca, e mio marito che ormai è stanco e apatico”.

Una vita trascorsa a cercare di capire il figlio. Luca che frequenta la scuola con difficoltà, che non socializza, che grida e si oppone a tutto. Poi Luca che scopre il mondo, e la cattiveria. Come quella dell’insegnante di doposcuola che gli alza le mani. Luca si confida con la madre. Ma è tardi. Qualcosa in lui cambia. Non si fida più di se stesso e degli altri. “Luca ha cominciato a manifestare disturbi depressivi – racconta Anna – mi hanno spiegato che gli atteggiamenti di coetanei, insegnanti e adulti incidono sulle componenti motivazionali e di personalità. C’è così tanta cattiveria in giro che quasi faccio fatica a crederci”. Luca cresce, e la paura del mondo prende il sopravvento. “Per stare accanto a mio figlio, ho iniziato ad avere difficoltà sul posto di lavoro. Troppe assenze e ritardi. Ho provato a spiegare le mie ragioni, ma non c’è stata comprensione. Il lavoro doveva avere la priorità. Io non ho mai pensato neppure per un attimo di scegliere. Ma a volte è la vita che decide per noi”.

Un giorno, Luca si chiude in casa. Smette di parlare con la gente. E di andare a scuola. Dice che ci torna solo se accompagnato da sua madre. Anna capisce che deve prendere una decisione. Scegliere è una questione di attimi. E lei lo fa. Sceglie con il cuore. Abbandona il posto di lavoro. Parla con il preside. Gli chiede se può accompagnare il figlio nel percorso scolastico. Ancora un tentativo. Un altro. L’ultimo. Adesso Anna siede ogni giorno dietro un banco di scuola. “Non mi sono ancora abituata all’idea”. Luca apre i suoi libri, l’insegnante lo invita a prendere la penna e il quaderno. Anche Anna ha un quaderno. Nuovo di zecca.

“Ogni tanto guardo fuori dalla finestra e mi domando cosa ci faccio io, a cinquant’anni, in mezzo a tanti ragazzini. Lavoriamo nell’aula in cui ci sono tutti i compagni”, dice, mentre fa il dettato, lo stesso che sta facendo suo figlio. “Confesso che a volte vorrei alzarmi e scappare. Ma poi guardo Luca. Durante l’ora di ricreazione, lui parla con i compagni e mi cerca con lo sguardo. Cerca la mia approvazione. Io sorrido, lo esorto a continuare, e lui si rasserena. Ecco, in quel momento, in quel preciso momento, mi ricordo perché sono tornata sui banchi di scuola. E di colpo tutto acquista un significato diverso. È vero, non posso più permettermi nulla. Viviamo con lo stipendio di mio marito e ci siamo arretrati con l’affitto della casa, ma va bene così. Mi ritengo fortunata perché mio marito un lavoro ce l’ha. E poi, Luca viene prima di tutto”. Ad un tratto socchiude gli occhi. Se li stropiccia. “Non è niente – dice – è soltanto uno stupido moscerino”. La ricreazione finisce. I ragazzi entrano in blocco per raggiungere l’aula. Ma Luca si ferma. Aspetta sua madre. Anna lo raggiunge. Gli prende la mano. Insieme entrano in classe.

 

 


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