PALERMO – È il caso Saguto a tenere banco nel giorno dell’inaugurazione dell’anno giudizio a Palermo e Caltanissetta. Palermo è la città dove lavorava l’ex presidente della sezione Misure di prevenzione del Tribunale finita sotto inchiesta. A Caltanissetta, invece, lavorano i pubblici ministeri che con la loro indagine hanno fatto esplodere la bomba giudiziaria della gestione dei beni sequestrati alla mafia.
A Palermo, davanti al ministro della Giustizia Andrea Orlando. Ha fatto al sua relazione il presidente della Corte d’appello, Gioacchino Natoli. “Se le criticità emerse dai controlli seguiti alle vicende legate all’inchiesta sulla sezione misure di prevenzione dovessero essere confermate – ha detto Natoli – occorrerebbe riflettere sulla sorveglianza esercitata dalla dirigenza locale e dal consiglio giudiziario”. Il magistrato ha recitato il mea culpa a nome dell’intera categoria, spiegando che “la prevenzione di certi episodi parte dai controlli a cominciare dalla valutazione della professionalità” e ammettendo che nella gestione della sezione c’erano “criticità e inefficienze nella durata dei procedimenti, nell’organizzazione e nella distribuzione degli incarichi”.
E il ministro è stato altrettanto duro:“E’ necessario perseguire le condotte che hanno offuscato il lavoro di tanti valenti magistrati. Quello dell’aggressione ai beni mafiosi è uno dei terreni che ha dato maggiori risultati nel contrasto a Cosa Nostra”. Il ministro, anche richiamando la recente normativa sui tetti ai compensi degli amministratori giudiziari, ha auspicato “una riduzione dei margini di discrezionalità in cui si sono sviluppati fenomeni allarmanti”. Poi, un passaggio dedicato alla lotta a Cosa nostra: “La mafia è stata colpita, ma non è battuta, né si tratta di un’emergenza superata anche se altre se ne profilano all’orizzonte”.
Nel frattempo, a Caltanissetta, interveniva il vicepresidente del Csm, Giovanni Legnini: “I magistrati della Procura di Caltanissetta, con un’indagine coraggiosa e difficile che è tuttora in corso, hanno consentito che emergessero fatti di inaudita gravità nella gestione delle misure di prevenzione antimafia a Palermo, permettendo che la prima Commissione e la sezione disciplinare del Csm potessero sollecitamente esercitare le funzioni di ripristino del prestigio e dell’autorevolezza di quell’ufficio”. Ecco perché Legnini ha detto di avere “scelto di essere presente a Caltanissetta, per testimoniare la mia gratitudine è quella di tutto il Csm verso i magistrati che prestano servizio in questo distretto”.
Sulla stessa lunghezza d’onda le parole del procuratore generale di Caltanissetta, Sergio Lari: “Gli scandali che hanno visto coinvolti i magistrati, pur trattandosi di episodi isolati, non possono essere sottovalutati e dimostrano come la massima attenzione debba essere posta alla deontologia ed alla questione morale nella magistratura, essendo inammissibili, soprattutto in un’epoca così degradata in altri ambiti istituzionali, cadute etiche da parte di chi deve svolgere l’alto compito del controllo di legalità”.