Arancia meccanica a Borgetto| "Io e mio figlio picchiati a sangue" - Live Sicilia

Arancia meccanica a Borgetto| “Io e mio figlio picchiati a sangue”

Benedetto Cucchiara mostra il collegamento delle telecamere manomesso

L'incubo inizia all'alba di una normale giornata di lavoro. Cinque uomini armati lo bloccano, lo minacciano. Poi si accaniscono su di lui, sul figlio e chiudono l'anziana zia in bagno. "Un inferno - dice Benedetto Cucchiara, imprenditore di Borgetto - con una violenza inspiegabile e disumana".

La rapina in villa della provincia di Palermo
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BORGETTO (PALERMO) – “Dicevano che gli avrebbero rotto le gambe. Impugnavano un grosso bastone di legno, lo stesso che hanno poi usato contro di me. Mi hanno sferrato diversi colpi al fianco, due in faccia, mi hanno spaccato la mandibola. E continuavano a ripetere: “Gli rompiamo le gambe, gli rompiamo le gambe”. Mio figlio era terrorizzato, ha vissuto insieme a me una mattina da incubo. Ed entrambi siamo ancora sotto choc”. Il drammatico racconto di Benedetto Cucchiara, imprenditore di 59 anni di Borgetto, in provincia di Palermo, descrive l’assalto di cui è stato vittima martedì mattina all’alba con il figlio 24enne Riccardo. Momenti terribili scanditi dalla violenza di quattro uomini che, a volto coperto ed armati di pistola e bastoni hanno fatto irruzione nella sua villetta di contrada Vecchio Iazzo.

Erano le 5,30 del mattino, stava andando a lavorare presso la sua ditta che si occupa di vendita e noleggio di mezzi agricoli. Ma qualcuno l’ha fermato davanti al suo cancello, gli ha puntato una pistola alla tempia e l’ha costretto a fare marcia indietro. Da quel momento in poi è cominciato l’inferno. “Chi mi ha bloccato è stato immediatamente raggiunto da altre due persone, poi da un altro uomo. Un quinto complice è rimasto fuori – racconta Cucchiara -. Un vero e proprio assalto durante il quale io e mio figlio siamo stati legati per le mani con delle fascette da elettricista, poi a due sedie con lo spago. Mia zia di 84 anni è stata invece chiusa in bagno”.

Nella stessa stanza in cui l’imprenditore ed il figlio sono stati immobilizzati, la cassaforte. “Mi hanno costretto a fornire il codice – dice Cucchiara – io non ho esitato. Ciò nonostante hanno continuato a darmi calci e pugni e a minacciarci. Non capivamo più nulla, eravamo storditi. E quando hanno messo un cuscino sulla testa di mio figlio simulando di sparargli con la pistola, avrei voluto essere in gradi di difendermi. Pura follia – prosegue l’imprenditore – e momenti di violenza che non conoscevano alcun limite. Dopo aver preso i soldi, erano quindici mila euro in contanti, queste persone hanno cominciato a cercare altro. Hanno rotto l’impianto della videosorveglianza, si sono impossessati del dvr, hanno preso i nostri cellulari e poi sono scappati con la macchina di mio figlio, una Fiat Cinquecento cabrio”.

Dell’auto non ci sarebbe ancora alcuna traccia. Le indagini dei carabinieri di Partinico sono partite immediatamente “ma credo fossero palermitani, avevano un forte accento”, dice Cucchiara. Uno di loro ha agito con una particolare foga, aveva il respiro pesante, non riusciva a stare fermo. Non ho idea di chi fossero, ma credo avessero da tempo pianificato tutto, perché conoscevano l’orario in cui sarei uscito”. Soltanto dopo la fuga del commando, l’imprenditore è riuscito a liberarsi. “Per fortuna mia zia non era stata chiusa a chiave in bagno. Quando è uscita, sconvolta, mi ha slegato e abbiamo lanciato l’allarme. Non riesco a spiegarmi questa violenza – conclude – questa mancanza di pietà, la voglia di continuare ad aggredirci dopo avere già ottenuto i soldi. Venti giorni fa qualcuno mi ha pure avvelenato il cane, uccidendolo. Un periodo nero che spero finisca presto”.

 


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