PALERMO – Incastrato dal Dna. Agostino Nicotra è stato condannato a due anni per la detenzione della pistola che in un primo momento sembrò essere stata utilizzata per ammazzare Giuseppe Di Giacomo.
Per il delitto del boss di Porta Nuova non ci sono prove, ma per il revolver Smith & Wesson, calibro 38, sì. Il 12 marzo 2014 i killer uccidevano Di Giacomo, fratello di un ergastolano, in via Eugenio l’Emiro, alla Zisa. Dieci giorni dopo, al termine di un breve inseguimento, venivano bloccati e arrestati dalla polizia nei pressi di piazza Lolli, Fabio Pispicia e Sergio Giacalone.
Nella Fiat uno su cui viaggiavano c’erano la pistola, due passamontagna e dei guanti in lattice. Si pensò ad un collegamento con il delitto anche perché Pispicia è fratello del mafioso di corso Calatafimi, Salvatore, e cognato del boss di Porta Nuova Tommaso Lo Presti. Le perizie, però, hanno escluso che la pistola fosse la stessa usata dai killer.
Pispicia e il meccanico Giacalone sono stati condannati l’anno scorso con il rito ordinario rispettivamente a sette anni e nove mesi, e sette anni per porto e detenzione illegale di armi. Ora la condanna per Nicotra. Le indagini coordinate dal pubblico ministero Sergio Demontis fecero emergere che c’erano tracce del suo Dna sulla pistola e in uno dei passamontagna. Da qui la condanna. Il processo, però, non hanno chiarito per quale motivo Pispicia e Giacalone quel giorno stessero girando armati.